Il Lean Thinking ci ha insegnato un approccio progressivo al cambiamento. Un miglioramento continuativo che fa leva su piccole trasformazioni. Passo dopo passo. Con consapevolezza del valore da costruire pian piano. Verso una perfezione mai raggiunta. Attraverso standard ogni volta rimessi in discussione.
Pressoché tutti gli strumenti Lean hanno questa impostazione. Le 5S innanzitutto, ma anche l’A3 e il PDCA che ne sta alla base. L’intera mappatura del flusso del valore con l’impegno a creare un processo tirato dal cliente è coerente con un controllo di un contesto relativamente stabile.
In questo momento succede di tutto, ma sicuramente non si può riscontrare la stabilità dello scenario che naturalmente ospita azioni di miglioramento di matrice Lean.
Il disagio del Lean Thinker
Ha iniziato Jim Womack a raccontarci il suo disagio. Faceva un appello ai Lean Thinkers a mettersi per un po’ in panchina. Attendere che si muovessero quelli adatti ai momenti di crisi. Se il background è inconoscibile, si può costruire ben poco. E allora attendiamo il nostro momento.
Che sembra oggi arrivato con la lettera di John Shook, presidente del Global Lean Network.
Ma qualcosa non torna.
La lettera è molto significativa al proposito. Individua diverse aree del problema che dobbiamo affrontare. La sicurezza innanzitutto. La nuova impostazione di linee produttive, uffici e relazioni tra le persone. Si concentra su aspetti tecnici e molto pratici, come vuole l’attitudine del Lean Thinker. Ma forse manca il punto.
A volte elude la risposta, come quando parla di ‘standardized work’. Lo racconta bene descrivendone il valore nei tempi normali. Quando arriva a questi tempi difficili, afferma che è più difficile. Forse qualcos’altro sarebbe possibile dire…
In altre occasioni applica le soluzioni tradizionali. Come testare la salute dei dipendenti quando entrano in azienda mantenendo sicurezza e takt time? Come far funzionare una linea di assemblaggio mantenendo le distanze di sicurezza senza sprecare spazio o rallentare il ritmo? Come permettere gli interventi dei responsabili del team all’insorgere di problemi nelle linee di produzione senza una pericolosa interazione fisica con i colleghi?
“You cannot change the wind, but you can trim the sails”
Non puoi cambiare la direzione del vento, ma puoi sempre regolare le vele. Ma in una burrasca come l’attuale forse non basta.
Ogni tanto Shook fa propri i termini del Lean Startup, nipotino non sempre così ben compreso e accettato dagli zii del Lean Thinking. Esperimento, iterazione, jobs-to-be-done, … ma poi tornano standardizzazione e ottimizzazione a ogni passaggio.
La vitalità digitale
C’è un evidente disagio in quella lettera, dicevo. Come in quella di Jim Womack. C’è tutta l’inadeguatezza di un Lean Thinking che perde il focus.
Confrontiamo queste comunicazioni con quelle di Steve Blank. Oppure con il ritmo forsennato, caotico, esploratore del mondo digitale.
Da noi le dirette di Enrico Marchetto, le Apericall con Ernesto Sirolli di Interlogica, le dirette di Salmon Magazine, quelle di Roberto Bonzio su Rinascita digitale e tutta una innumerevole serie di altre iniziative danno il senso di una reattività impressionante.
Liberi dai vincoli dei processi manifatturieri, gli eroi del digitale si possono prendere molte rivincite. Ma anche qui non basta, perché la capacità di rileggere cultura e modelli di mercato in profondo cambiamento non sono sufficienti a costruire soluzioni che rispondono alle nuove esigenze.
Dove sta il ponte?
Come portare questa energia tutta orientata a osservare, creare network, far cadere i castelli di carte in nuovi modelli di business?
Il contesto di incertezza
Qualcuno è oggi travolto dal contesto incerto. Qualcuno lo sta esplorando rimanendo a proprio agio. Ma chi saprà unire consapevolezza e sostanza farà la differenza.
La cultura del Lean Thinking ha aperto la strada al Customer Development e al Lean Startup. Ibridata dal Design Thinking è giunta a pratiche agili e snelle spesso vincenti in contesti incerti. Prototipi leggeri e sperimentazione aprono al blue management.
Sono nati strumenti diversi con lo stesso spirito Lean in cui però il fattore tempo diventa centrale e l’iterazione veloce dei test diventa l’equivalente dei piccoli lotti di lavoro applicati ai processi aziendali.
Una stessa cultura di base applicata al modello di business da ripensare.
Pensiamo al bellissimo caso di Campustore, campione della costruzione di soluzioni e progetti tecnologici in ambito scolastico. Capace di leggere esigenze in evoluzione in un contesto tra i più sconvolti dalla crisi. Capace di rileggere davvero il valore per il cliente, i jobs-to-be-done. Fino a definire nuovi standard formativi che integrano prodotti e servizi. I webinar che hanno costruito sono diventati centrali per accompagnare un intero ecosistema verso una nuova attitudine.
Perché come al solito prima si costruisce il cliente, comprendendone esigenze cangianti e spiazzanti e poi, velocemente si porta una soluzione che progressivamente verrà standardizzata. E lì, finalmente, tornerà il momento dei Lean Thinker applicati ai processi. Ma queste due culture vanno integrate per evitare un pericoloso stallo nello sviluppo del nostro futuro.