Una lettera sul coronavirus da Jim Womack ai Lean Thinkers

Jim Womack, l’inventore del Lean Thinking, scrive ai pensatori snelli per spiegare il ruolo che oggi può avere chi si occupa da tanto tempo di Lean e Kaizen. Lo fa con grande umiltà, invitando a mettersi da parte, a lasciare lo spazio a chi deve gestire un’emergenza. A contribuire solo dando uno spazio di pensiero e riflessione, un respiro profondo per darsi le giuste priorità.

Lo chiama heijunka emotivo. In momenti in cui tutti stanno urlando le loro idee su come superare la crisi, in cui alcuni chiedono pieni poteri per fare non si sa cosa, trovo appropriato un appello al mettersi da parte. Per tornare protagonisti poi, quando tutto sarà da ricostruire.


Ciò che la Lean non può fare

La Lean Community, per propria natura, vorrebbe sempre aiutare ad affrontare i problemi della società. E vorrebbe farlo il più rapidamente possibile. Abbiamo mostrato come farlo utilizzando l’analisi A3:

  • comprendere la situazione,
  • identificare il problema,
  • capire la causa principale del problema,
  • determinare le potenziali contromisure e quella più promettente,
  • eseguire un esperimento implementando tale contromisura,
  • poi controllare i risultati e trarre le conclusioni appropriate.

Ma cosa fare quando il primo essenziale passo – comprendere la situazione – è impossibile? Quando, come avviene oggi, nessuno capisce il punto cui è arrivato il coronavirus? Quando nessuno comprende la sua letalità (perché non esiste una conoscenza affidabile del denominatore – il numero di individui con il virus, solo del numeratore – il numero effettivo di decessi)? Quando non si conosce l’immunità creata dall’esposizione al virus, e quindi il numero di asintomatici? Quando nessuno sa quanto dura l’immunità?

Che deve agire, agisca

Eppure, data l’entità del problema, i leader (governatori e sindaci) ritengono di dover agire. E le ovvie contromisure da provare sono quelle che si sono dimostrate efficaci nelle pandemie passate. Ecco il punto a cui siamo. Stiamo iniziando con le soluzioni, senza la piena conoscenza della loro efficacia o dell’entità e della durata necessarie. Perché non possiamo conoscere la piena natura del problema anche nel pieno intensificarsi della crisi. Giustamente temiamo sia di aspettare troppo a lungo, sia di fare troppo poco.

In questa situazione, che si protrarrà per settimane o addirittura mesi, penso che dobbiamo riconoscere che questo non è il momento per il mondo Lean di dare un contributo. Non un contributo decisivo. Anche perché, in virtù delle contromisure attualmente in atto, gran parte dell’economia in cui lavorano i pensatori snelli è chiusa. Con i processi fermi, non possiamo fare molto neanche lì.

Gli spazi di manovra

Dove possiamo dare un contributo è nell’incoraggiare i pensatori snelli, in quelle attività che devono necessariamente continuare (come l’assistenza sanitaria e il settore alimentare) a mantenere la calma e dedicare un minuto in più a pensare a quale sia il problema più urgente. Ad esempio il modo migliore per creare velocemente nuovi processi in ospedale per la formazione del personale su nuove responsabilità.

Il lavoro standardizzato è sempre auspicabile in qualsiasi processo, ma in una crisi aiuta davvero solo ad assicurarsi che tutti sappiano quali sono le fasi del lavoro in un nuovo processo, il flusso da un passaggio all’altro e i rischi per i pazienti e i lavoratori nella loro esecuzione. Il lavoro viene prima di tutto; il kaizen, il miglioramento, dopo.

Heijunka emotivo

Cerco di riassumere questo consiglio con un termine: heijunka emotivo. L’heijunka fisico è il principio chiave per livellare la domanda in un determinato momento della programmazione in ogni processo di creazione di valore […]. L’heijunka emotivo invece richiede di fare un respiro profondo, identificare i problemi più importanti che devono essere affrontati in un determinato processo e schermare gli input emozionali da cui siamo bombardati: cattive e buone notizie, notizie pessime, notizie orribili, notizie miracolosamente buone – in modo da non andare in depressione o di esaltarci in un’ingannevole euforia a ogni nuovo input. Dobbiamo lavorare il più sereni e “livellati” possibile per guidare i processi chiave di nostra responsabilità nella turbolenza. (Mi accorgo sovente che la chiusura periodica di tutti i media sia la chiave del mio personale heijunka emotivo).

Quel che verrà dopo

Poi, quando la turbolenza, man mano, si attenuerà – e nessuno sa quando – dovremo tutti ripensare al processo di creazione del valore a cui parteciperemo. Potremo ricreare (o creare per la prima volta) la stabilità di base mentre comprendiamo appieno la nuova situazione? Saremo in grado di migliorare ogni processo applicando in modo più rigoroso l’analisi A3 con il ciclo PDCA? (Oppure, alcuni processi saranno così compromessi o danneggiati che dovremo semplicemente ricominciare da capo? E magari questa potrà essere una grande opportunità). Potremo guadagnare gli “occhi dei principianti” distogliendo la nostra attenzione dalle attività quotidiane per un certo periodo di tempo? Vedremo nuove opportunità per migliorare i processi quotidiani che non abbiamo notato prima?

Questi passi sembrano sicuramente modesti rispetto all’attuale crisi mondiale. Ma non dobbiamo, come pensatori snelli, scoraggiarci incolpando noi stessi per la nostra limitata capacità di fare le meravigliose cose che sappiamo di solito fare. È un momento di caos in cui nessuno può pianificare in anticipo.

Noi del Lean Enterprise Institute, dove sono appena tornato dopo dieci anni di assenza, stiamo cercando di contribuire quando possiamo e di stare zitti quando non possiamo essere d’aiuto. Ma saremo qui per ascoltare le vostre storie e per rispondere alle vostre esigenze fino a quando tutto questo sarà passato. E il mondo avrà bisogno del nostro aiuto più che mai.

Jim

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By stefanoschiavo