“Ma dobbiamo proprio?”. Negli ultimi mesi ho potuto parlare del ritorno in ufficio con molte persone che avevano passato più di un anno lavorando da casa. E ho scoperto che gira un’idea che non si può dire apertamente. Metterebbe in cattiva luce il dipendente dell’azienda. Non la potrebbe dichiarare al suo capo. Sarebbe decisamente fuori luogo detta al datore di lavoro.
Lo dico subito. Come per tutte le idee, bisogna sempre aggiungere un bel ‘dipende’. Dipende se sei un genitore, se sei single, se vivi da solo, se sei una donna o un uomo (già!). Dipende dal tipo di mansione che hai, dal settore in cui lavori, dal ruolo che ricopri. Dipende da tante cose. Ciononostante ho incontrato una grande maggioranza di persone che non voleva assolutamente tornare cinque giorni alla settimana in ufficio. La presenza in ufficio la riteneva molto spesso inutile e svantaggiosa. Tranne in alcune circostanze. Una delle quali, appunto, innominabile.
Buone ragioni per tornare in ufficio…
Le ragioni per tornare in sede a lavorare alla propria scrivania sono tante. E sono funzionali. Spesso è la banale gestione cartacea che ci vincola. Firmare un contratto o altre procedure non ancora virtualizzate. Alcune riunioni richiedono un confronto diretto non mediato da uno schermo. In altri casi c’è da accogliere un cliente o un fornitore in un posto diverso dal salotto di casa.
Sono tutte motivazioni pratiche, appunto funzionali. Ma se non fosse per questa necessità, i vantaggi di lavorare da casa, a detta dei più, prevarrebbero.
…e buone ragioni per starsere a casa
Prima di tutto c’è un’evidente questione logistica. Chi si faceva più di due ore attraverso il traffico congestionato di una città o su affollati mezzi pubblici, ora può posticipare la sveglia. Oppure dedicare più tempo alla trascurata famiglia. E poi organizzare un meeting online è decisamente più facile. Si è anche più puntuali.
A casa ci si concentra più che in ufficio (sempre con i mille ‘dipende’ iniziali). Le interruzioni dai colleghi sono più gestibili. Mandare un whatsapp è comunque meno improvvisato del fermarsi alla scrivania per l’ennesima urgenza improrogabile che spezza la continuità del nostro lavoro. E così potremmo trovare altri mille motivi per cui stare a casa è meglio. Logistica e relazioni, performance e comfort.
Eppure se tornare in ufficio fosse solo legato ad aspetti funzionali e pratici, dovremmo rassegnarci a un futuro del lavoro senza una sede comune tra colleghi. L’utopia di ognuno nella sua mansarda appositamente ristrutturata. O nel coworking vicino a casa. Al bar, in piscina, su un treno. Alternando momenti dedicati al lavoro per l’azienda a momenti privati in piena autonomia. Con un contratto presumibilmente ‘smart’ che ci ingaggia secondo regole nuove e inaudite. Un esercito di freelance travestiti da dipendenti.
La ragione inconfessabile
L’altro giorno una ragazza mi ha detto cosa le manca dell’ufficio. Mi ha confidato una cosa che nessun altro mi aveva detto. “In ufficio mi piace perdere tempo. A casa sono concentrata sull’attività che devo svolgere. Sono attenta e produttiva. Ricevo delle richieste. Ci lavoro. Mando dei risultati a qualcuno. Sono un software, un robot. Ho migliorato la mia produttività. Eppure sono molto triste. In ufficio sentivo le conversazioni degli altri. Commentavo la solita mail del cliente pignolo e tutte le mie colleghe ridevano. E cominciavano cinque minuti di ricordi su quella volta che…”
In ufficio ci sono occasioni per essere improduttivi. Per non cadere nel culto dell’efficienza che non lascia spazio alla sedimentazione delle esperienze. E nemmeno alla serendipity e all’esplorazione di altro rispetto a quello di cui dobbiamo occuparci. A casa non abbiamo spazi per ragionare insieme. Non ci sono retrospettive informali. Non si cementa un gruppo, né un senso di appartenenza all’organizzazione.
A casa si lavora bene. Potenzialmente la maggior parte delle attività potrà, grazie alla dematerializzazione e alla digitalizzazione, essere svolta da remoto. Anche le attività manifatturiere. Se le ragioni per tornare in ufficio sono solo funzionali, la tecnologia le farà scomparire una a una. E non resteranno che organizzazioni vuote.
L’ufficio offre spazi di relazione e scambio. Le discussioni aspre, le battute inaspettate, gli incontri fortuiti. Sono tutti rituali non pianificati che consentono una sana dose di… inefficienza.
Ma chi lo dice ora al capo che “si torna in ufficio per poter perdere tempo”?