Contro il culto dell’efficienza?

Capitolo 40 del libro che sto leggendo e meraviglia. Parte da William Stanley Jevons che nel 1865 descrive un effetto strano che ha notato nello sviluppo tecnologico e nel miglioramento di efficienza che ne deriva. Effetto che appunto viene chiamato Paradosso di Jevons. L’economista inglese osservò che il consumo di carbone, all’introduzione del motore di Watt, mostrava un andamento apparentemente inaspettato.

Il motore permetteva un miglioramento straordinario dell’efficienza nell’uso di quel materiale. Quindi si sarebbe potuto pensare che se abbiamo migliorato l’efficienza, avremo lo stesso risultato consumando meno materia prima. E invece dopo quel miglioramento il consumo di carbone va alle stelle. Superando nettamente il consumo precedente all’aumento di efficienza.

Come dire. Ho un computer più veloce che svolge i suoi compiti in meno tempo. Di conseguenza starò più ore davanti al computer. Un apparente paradosso.

Un sillogismo ardito

Perciò, dice l’autore con un sillogismo decisamente ardito, chiunque pensi che le soluzioni per il cambiamento climatico e la futura estinzione di massa vengano da miglioramenti tecnologici orientati all’efficienza nella produzione di energia, si sbaglia ed è un illuso!

In realtà il paradosso di Jevons è più o meno valido in funzione dell’elasticità della domanda del bene in questione, ma prendiamolo per buono. Pur non del tutto convincente nelle tesi di fondo, il libro infatti provoca con intelligenza. 

La fine del capitolo lancia una sfida ai lettori. Dice che siamo abituati a considerare l’efficienza come una cosa buona in sé. Come la creatività. Come l’innovazione. Ma è solo perché associamo il consumo di una risorsa a un risultato positivo.

Efficienza cattiva e inefficienza buona?

In realtà esistono efficienze buone e cattive. E d’altro canto inefficienze altrettanto cattive e buone. Il libro propone quattro esempi e poi la palla è lasciata ai lettori.

  • Dell’efficienza buona ben sappiamo.  È il caso dell'”assistenza sanitaria preventiva che risparmia enormi quantità di costi medici in seguito”.
  • Efficiente è però anche la celebre “modesta proposta” di Jonathan Swift. Visto che ci sono molte famiglie povere che soffrono la fame. Visto che ci sono tanti bambini, anche troppi per ogni famiglia e in particolare per quelle povere. Allora facciamo mangiare agli affamati i figli delle famiglie povere. Problema risolto. Gesto di Khaby Lame. Efficienza. Ma forse cattiva. “Qualsiasi danno alle persone per profitto è ugualmente cattivo, non importa quanto efficiente”.
  • L’inefficienza cattiva è facile. “Usare un veicolo sovradimensionato per andare dal punto A al punto B è una cattiva inefficienza”.
  • Pensiamo però alle anse di un un fiume. Meandri che hanno sviluppato una grande e rigogliosa pianura alluvionale. Un percorso inefficiente. Ma buono e utile. Una buona inefficienza.

L’importanza del buon proposito

Il tutto ci porta a dire che non basta migliorare le performance di un processo. Non basta concentrarsi su un’evoluzione tecnologica “comunque positiva”. All’approccio tecnico serve affiancare quello umanistico. Serve la cultura, serve il senso e la risposta alla domanda su dove vogliamo andare, Per non salire su un veicolo sempre più veloce ed efficiente e poi accelerare… verso un dirupo.

PS Barbara ha subito identificato un’efficienza cattiva. “Giudici che incrementano il numero di sentenze al mese in un regime non democratico”. Qualche altro esempio che vi viene in mente?

By stefanoschiavo