Filippo II e la sua Armada
Alex Osterwalder ha pubblicato un nuovo libro. E l’ha fatto con un’evidente ambizione che si capisce già dal titolo. The Invincible Company. È così che l’autore di Business Model Generation tenta un salto di qualità.
La pubblicazione rappresenta un test di maturità del movimento del Lean Startup, del Customer Development e di quegli approcci all’innovazione che sono stati spesso guidati dai libri di Strategyzer.
Per gli appassionati di Storia, l’aggettivo usato può ricordare un precedente non proprio di buon auspicio. La flotta di Filippo II, chiamata appunto Invincible Armada, fallì drammaticamente il suo attacco all’Inghilterra di Elisabetta I. E questo nonostante un’apparente superiorità che dava alla Spagna una certa sicurezza nell’attacco.
A onor del vero, l’azienda invincibile di Osterwalder si pone l’obiettivo di evitare quelle certezze di trionfo che hanno caratterizzato il pensiero del re spagnolo. Anzi, lo sviluppo di un modello che integri il concetto di incertezza tipico dell’innovazione con la continuità del business aziendale è proprio al centro del testo.
Cosa c’è di nuovo?
Di quanto si trova lì dentro, molte cose sono già state dette in altri libri, non solo made in Strategyzer, ma l’opera ha il merito di creare un framework di riferimento che integra il red e il blue management di cui ho parlato in altri momenti.
C’è infatti l’esigenza di costruire un ambiente dinamico in cui le nuove idee si bilancino con il presidio dei prodotti e dei servizi esistenti. Un equilibrio fondato su un flusso in continua evoluzione.
Da una parte c’è il mondo Explore. Dall’altra l’Exploit. In mezzo una membrana permeabile. Nei due sensi… Non si deve infatti costruire in modo netto una distinzione tra una parte creativa e dubitativa e una efficiente e arrembante.
Una medesima attitudine al dubbio
In realtà la gestione di un portafoglio di prodotti, servizi e soluzioni per il mercato richiede in entrambi i campi un atteggiamento di messa in discussione delle cose conosciute, di ricerca continuativa di informazioni nuove e di analisi accurata dei rischi.
La differenza sta nel tipo di rischio che viene analizzato quando un’idea è ancora in nuce e quello di un progetto già con successo sul mercato. Inoltre cambia la considerazione dei risultati di quell’idea.
- Quella agli albori deve costruire un business model ancora da testare e sviluppare.
- Quella sul mercato deve sfruttare al meglio i canali di relazione con i clienti già attivati.
Ma ancora una volta, sarebbe forzato considerare i due ambienti in modo troppo nettamente separato.
La mappa dell’Explore
Partiamo dall’esplorazione delle nuove idee.
La mappa che ci aiuta a comprendere il mondo dell’Explore in realtà non è una mappa. Non posizioniamo lì in modo passivo le nostre intuizioni. È piuttosto un campo da gioco in cui cerchiamo di muovere le nostre idee. È da interpretare come un’arena in cui muoverci attivamente.
Da una parte ridurre il rischio attraverso i noti cicli di apprendimento, i Learning Loop del Lean Startup. Dall’altra migliorare l’impostazione del nostro Business Model per progressivamente cambiare le aspettative di ritorno economico dell’iniziativa.
Siamo nel pieno del percorso di validazione della Value Proposition, degli MVP e delle interviste Lean. Risk Dashboard ed esperimenti progressivi. Tutto quanto abbiamo applicato negli ultimi anni seguendo prima i consigli di pionieri come Steve Blank e poi facendo esperienza sul campo.
La mappatura delle diverse idee però sposta il singolo Learning Loop in un contesto di gestione di portafoglio di alternative che esplica la natura probabilistica del processo di innovazione. Non possiamo scegliere prima l’idea vincente. Si tratta di una selezione che segue le regole del mercato. All’inizio le potenzialità delle idee non sono pronosticabili. È più importante massimizzarne il numero e minimizzarne i costi di sperimentazione.
I numeri a supporto di questa idea sono impressionanti.
Le acque conosciute dell’Exploit?
Veniamo invece al terreno più conosciuto, ma anche meno raccontato da Osterwalder.
Merito del libro è infatti il tentativo di spostare le attitudini alla sperimentazione e alla validazione di ipotesi anche nell’ambito del business conosciuto. I rischi in questo caso, più che essere dettati dalla mancanza di conoscenza sugli elementi del business model, si legano alla necessità di comprendere le forze emergenti che possono scardinare il mercato.
L’operazione funziona a metà, anche se ci aiuta a orientarci. Devo dire che la gestione di prodotti, servizi e soluzioni secondo logiche che incrociano redditività (o comunque risultato economico finanziario) a rischi di obsolescenza del prodotto o servizio non differisce granché dalla classica matrice attrattività competitività di McKinsey e General Electric. Parente stretta dell’altrettanto nota e più specifica matrice BCG. Quella con le stelle, i cani e le mucche da mungere per intenderci.
Il modo per esplorare poi questa mappa incrocia questionari su dinamiche e trend esterni da affiancare a un esame interno all’azienda. Anche questo può essere assimilato a una variante guidata di SWOT analysis.
In quel termine “guidata” però sta la differenza. Farsi le domande giuste aiuta a trasformare un modello vuoto in un’analisi ricca di contenuti interessanti.
L’esame di maturità
Il movimento che ha visto Steve Blank come padre putativo e pietre miliari nei lavori di Eric Ries e Alex Osterwalder si trova oggi di fronte a una prova difficile. Come è avvenuto per altri filoni manageriali del passato, dal proprio ambito elettivo di applicazione tenta di spostarsi verso terre meno conosciute.
La Lean Production e il TPS in passato sono usciti dall’automotive a dal manufacturing per rispondere con successo alle sfide di altre industry e del mondo dei servizi.
Il Design Thinking è uscito da un contesto per creativi per appropriarsi di una progettazione più ampia che andava a toccare essenzialmente tutti gli ambiti di innovazione.
Oggi Business Model Generation, Lean Startup e Customer Development tentano di smarcarsi dal puro ambito delle nuove idee di business per orientarsi verso una gestione congiunta di Explore ed Exploit.
Sfida non banale, ma i presupposti per un risultato positivo ci sono tutti.
Conclusioni
Lettura indispensabile, quanto meno per capire lo stato dell’arte della materia. Anche le schede che raccontano i concetti applicati in realtà aziendali (forse troppo omogenee sulla grande dimensione) risultano interessanti.
Molto è già sentito, ma ribadire un framework generale e tentare il primo approccio all’integrazione di oceani blu e rossi è meritorio. Serve a molte nostre aziende che navigano a vista in una delle due situazioni. Aprire un canale per collegare le acque stagnanti dei due oceani può produrre un benefico effetto per il business aziendale.
[…] La continuità richiede coraggio e uscita dall’area di comfort, come spiega bene Massimo Canducci parlando dell’abbandono di Intel da parte di Apple. Mantenere nel tempo i risultati e aprire al nuovo mentre si governa l’esistente. Ne ho parlato recentemente raccontando l’ultimo libro di Alex Osterwalder. […]
[…] alla base del libro una distinzione di cui ho parlato in un altro post. Il mondo dell’Explore e quello dell’Exploit. Quello del blue e del red management. Non mi ci […]