I gamberi marmorizzati e l’approccio sperimentale all’innovazione

Mi ero ripromesso di parlare di un libro che ho letto il mese scorso e che aveva messo in ordine alcune idee sparse. Poi come al solito altri progetti, altre idee, altri libri. Ma adesso recupero. Si tratta di The Hidden Half, la Metà Nascosta… Parla dell’eterna sfida che abbiamo di fronte. Capire cause e motivazioni alla base di ciò che ci circonda. Dare un senso alle cose, trovarne origini e fonti. In un contesto normale e in uno di innovazione.

Che poi sta alla base di ogni progetto umano. Trovare uno schema di interpretazione di un fenomeno. Governarne i meccanismi più nascosti. Ma appunto, quanto nascosti?

Gamberi infestanti

A seguire l’autore, Michael Blastand, parecchio.

Parte dai gamberi marmorizzati, i “marmorkrebs” che come degli infestanti hanno conquistato l’Europa. Hanno la caratteristica di non avere maschi e di riprodursi per clonazione. Cosa che li rende molto potenti, ma anche molto interessanti per la scienza.

Supponiamo di poterne studiare un po’ di appena nati e di cercare di far loro vivere una vita identica, senza che alcun fattore esterno ne favorisca uno rispetto all’altro. Avremmo gli stessi geni (Nature), la stessa esperienza (Nurture). Tutto identico e quindi sulla carta gamberi perfettamente indistinguibili l’uno dall’altro, come nella foto scattata alla fine del reale esperimento condotto in questo modo.

Come si può vedere nelle foto c’è qualcos’altro che agisce sul loro sviluppo… Infatti risultano molto diversi l’uno dall’altro. Non bastano la natura o la cultura a spiegare l’esito.

Un futuro incerto

Ho riportato il caso a molti amici e tutti hanno trovato una motivazione valida, intelligente e interessante per spiegarlo. Ma per quanto ben ideate ora, come l’uovo di Colombo, sono qualcosa che non abbiamo previsto nel momento in cui abbiamo condotto l’esperimento. Le cause che determinano risultati complessi sono spesso sfuggenti e imprevedibili.

Da qua il libro ci accompagna nello smantellamento di tutta la nostra fiducia nella capacità di utilizzare l’esperienza passata per costruire il futuro.

  • È difficile riprodurre una conoscenza nel tempo.
  • È difficile spostarla nello spazio.
  • È difficile scalarla.

Sono concetti che valgono nel business e trovano un’incredibile correlazione con quell’approccio pragmatico all’innovazione che sta alla base del Lean Startup e dell’Agile management.

Una serie di fallimenti

Un business costruito in condizioni ben definite può fallire per mille motivi. Come le famiglie di Lev Tolstoj, quelle felici lo sono tutte allo stesso modo, quelle infelici ognuna per un motivo diverso.

Il libro racconta una serie di esempi di interventi nell’ambito sociale che hanno funzionato in India e sono risultati fallimentari in altre culture. Magari solo a causa di un ruolo delle madri diverso nelle scelte delle figlie.

Così prendere un’idea che funziona e cambiarne una caratteristica che la posiziona sul mercato è rischioso.

  • Spostarla in un altro segmento
  • Muoverla in un altro spazio geografico
  • Cambiare canale di distribuzione
  • Ripensarne l’identità e la comunicazione

Rischi che spesso vale la pena prendere, ma che sono insidiosi e vanno affrontati attraverso un percorso sperimentale frugale e progressivo.

Questione di resistenza

Oltre a spostare un’idea che funziona nello spazio, anche replicarla nel tempo è difficile. Le vicissitudini di Claudio Ranieri nel Leicester sono la scusa per raccontare questo tipo di problematiche.

La continuità richiede coraggio e uscita dall’area di comfort, come spiega bene Massimo Canducci parlando dell’abbandono di Intel da parte di Apple. Mantenere nel tempo i risultati e aprire al nuovo mentre si governa l’esistente. Ne ho parlato recentemente raccontando l’ultimo libro di Alex Osterwalder.

Infine ancor più difficile trasferire un’idea in dimensioni e volumi diversi. Il libro è ricco di esempi, ma il punto di riferimento su questi aspetti rimane Crossing the Chasm di Geoffrey Moore.

Come uscirne?

Una sana doccia fredda fatta di relativismo e scetticismo serve sempre per trovare nuove strade. Il modo in cui Blastand critica ogni capacità e possibilità di fare affidamento sui dati passati, sull’esperienza e sul nostro percorso precedente deve essere allo stesso modo relativizzato.

In molte condizioni, quelle in cui l’incertezza non domina la scena, può essere opportuno utilizzare i meccanismi di causa effetto cui siamo abituati. Affidarci a euristiche e scorciatoie dettate dalla nostra esperienza passata può portare a bias e pregiudizi pericolosi, ma può anche, e il più delle volte lo fa, funzionare.

Ma dobbiamo abituarci a condizioni in cui la nostra guida usuale diventa meno affidabile. In cui il pilota automatico dell’abitudine ci porta a sbattere. Serve costruire un pensiero critico che sappia riconoscere l’ambito dei lavori in cui vale la competenza verticale dell’esperto. Quella che rileva schemi e pattern e li riproduce con successo. Come il Tiger Wood descritto da David Epstein in Range. Sapendo anche che sono ambiti sintattici in cui alla fine vinceranno l’algoritmo e l’automazione del lavoro. L’innovazione tecnologica va in questa direzione e dobbiamo essere pronti.

Quel pensiero critico ci fa però anche individuare gli ambiti strategici e semantici in cui la nostra capacità di rielaborare il frame diventa centrale. Quello in cui Roomba viene portato fuori da una stanza con delle pareti riconoscibili. È lì che le skill orizzontali e la lettura meno specialistica del contesto diventano centrali. In cui metodi sperimentali iterativi per l’innovazione come il Design Thinking e il Lean Startup diventano fondamentali.

Conclusioni

Il libro ci serve per capire quando diffidare delle nostre conoscenze. Ci aiuta a capire anche quando possiamo invece confidare in esse. E infine ci dice che c’è un mindset adatto alle condizioni di confusione e incertezza. In particolare negli ambiti di innovazione. E Sharazad spesso racconta metodi e approcci per queste condizioni. Sperando che le aziende sappiano adottare la filosofia più adeguata a ogni momento.

By stefanoschiavo