Il Lean Thinking e la scelta delle priorità

Steve Jobs diceva che il suo successo è derivato dal non portare avanti idee che avrebbero avuto sicuramente successo. La gara non era in altre parole tra idee buone e idee cattive, ma tra idee tutte buone. E la sfida stava nel rimanere focalizzati su poche idee. Scartandone di ottime. La Lean ci aiuta anche in questo.

È difficile però. Specialmente quando le persone che devono fare una scelta di questo tipo sono tecnicamente brave. Si innamorano delle potenzialità di ogni idea. Che sia un nuovo business o una nuova caratteristiche del prodotto. E non riescono a rinunciarvi.

Pre fortuna esistono approcci strutturati per fare scelte di priorità in un portafoglio di opzioni. Si va da tecniche che prendono in considerazione analisi quantitative a metodi orientati a sviluppare un confronto ricco e aperto tra i decisori.

Prima le cose importanti

Indipendentemente dall’approccio preferito, vale una considerazione generale. Per proporla cito John Doerr. Nel raccontare la sua avventura in Google, dove stava introducendo l’approccio OKR alla definizione di obiettivi e metriche aziendali, parla di Shishir Mehrotra e della sua Teoria dei Grandi Sassi, diffusa da Stephen Covey.

Poniamo che abbiate dei grossi sassi, un mucchio di sassolini e un po’ di sabbia e che il vostro obiettivo sia infilarne il più possibile in un recipiente da cinque litri, dall’ampia imboccatura. Se cominciate con la sabbia, poi mettete i sassolini, poi non ci sarà più spazio per i sassi grandi. Se invece cominciate con i sassi, aggiungete i sassolini e lasciate per ultima la sabbia, questa va a riempire gli interstizi – e alla fine ci entra tutto. In altre parole, le cose più importanti vanno fatte per prime, altrimenti non verranno fatte per niente.

Doerr, John, Rivoluzione OKR (Italian Edition) . Edizioni LSWR

Questa storia dovremmo tenercela in mente perché la nostra naturale predisposizione verso le priorità non la segue. Solitamente ci concentriamo sulle prossime cose da fare. Le più urgenti. Quelle che seguono un ordine causale. Prima faccio le fondamenta della casa e poi verrà il tetto.

Ma è sempre così?

Le priorità in un approccio Lean

L’approccio del Lean Startup ci ha insegnato a mettere ordine tra due fattori: efficacia ed efficienza. Meglio verificare se qualcuno comprerà il nostro prodotto prima di imbarcarci in un lungo lavoro di sviluppo e produzione. Prima verifico il valore e poi mi dedico alla fattibilità.

In questo senso la questione dell’adeguatezza della nostra soluzione al problema del cliente (Problem Solution fit) è propedeutica a studiare la viabilità sul mercato (Product Market fit). Il Lean Canvas di Ash Maurya ci aiuta in questo processo.

Strategyzer
Come la descrivono a Strategyzer

È evidente quindi che le prime cose da guardare non sono quelle tecniche. In generale si può dire che indagare il valore che syiamo costruendo per il cliente viene per primo. Ma non sempre è così.

Le cose importanti si scoprono attraverso il Premortem

C’è uno strumento molto semplice che fa riferimento agli approcci dell’economia comportamentale. Si tratta del Premortem, che ho già descritto qui, ma di cui sottolineo alcuni aspetti. La si trova raccontata anche in Pensieri lenti e veloci di Daniel Kahneman.

Daniel Kahneman

Il problema con le priorità è che si tende a non individuarle perché non riusciamo a porre la giusta distanza tra noi e l’attività che stiamo svolgendo. Siamo così presi dall’urgenza del giorno dopo da non saper fare un passo indietro per guardarci all’opera.

Scopriremmo che stiamo spesso vivendo alla giornata, forse anche perché è la cosa più semplice. Ci misuriamo sull’esecuzione del task anziché sui risultati del lavoro che facciamo. Ammettiamo che è più comodo e rilassante. Avevo un compito da svolgere e l’ho svolto.

Il Premortem ci mette invece in uno stato di inquietudine. Ci proietta fra un anno. Ci chiede di pensare che le cose siano andate male e ci dice “Cos’è successo?”. Difficile raccontare che il problema è stato quell’importantissimo documento che dovevo scrivere su Word in ottobre. Invece potremo individuare aspetti rilevanti e fondamentali.

La priorità in altre parole sta dove sta l’ambito di non conoscenza più rischioso. Nel colmare il gap tra ciò che so e ciò che non so di non sapere. Nassim Taleb ne ha scritto molto e rimando ai suoi libri per approfondire.

Nassim Nicholas Taleb
Nassim Nicholas Taleb

La domanda più importante di tutte secondo Ask

Non sempre è così facile utilizzare il premortem. Specie quando dobbiamo chiedere le priorità ad altri. Provare a domandare cosa ha portato al licenziamento della persona davanti a noi non è cosa semplice.

Una domanda alternativa utile a far emergere le priorità riguarda il concetto di sfida.

Ce lo racconta il libro Ask, di Ryan Levesque.

Quale sfida hai di fronte nel tuo lavoro?

Non la criticità o il problema, non il target o il risultato. La sfida ci pone di fronte a una focalizzazione forte sui gap da colmare. Proprio quei gap su cui si basa il processo di miglioramento continuo Lean.

Anche in questo caso si esce dalla priorità intesa come urgenza. La sfida riguarda più un elemento di conquista e frontiera. È positiva e motivante. E ancora una volta ci permette di guardarci dal di fuori, senza perderci nella miopia del lavoro quotidiano.

Ask, di Ryan Levesque
Ask, di Ryan Levesque

Le priorità e l’Innovation Matrix

Anche per quanto riguarda l’Innovation Matrix vi rimando al post in cui ne descrivo le regole all’interno di un più generale approccio a strumenti Lean.

Si tratta di un approccio che sposta l’individuazione delle priorità da un ambito individuale a uno di team. Abbiamo diversi punti di vista. L’omogeneità nelle scelte delle cose importante è forse più importante dell’individuazione di quelle effettivamente più importanti.

Nei contesti in cui diversi portatori di interesse, anche all’interno della stessa organizzazione, si confrontano, l’allineamento diventa prioritario.

Gli OKR, per inciso, dimostrano il loro valore proprio in queste situazioni. La finalità è costruire una squadra che lavora nella stessa direzione.

Il rituale attivato nella costruzione dell’Innovation Matrix costituisce una modalità per conoscersi. Si fanno emergere, anziché nascondere, le diverse opinioni su uno stesso progetto.

È un confronto aperto e dialogico. Non dialettico e conflittuale. Crea un senso di condivisione della scelte. Ingaggia e motiva anche chi non vede la propria opinione vincere.

Si tratta di uno strumento che, in un processo Lean, richiede una serie di passaggi e che utilizzo quasi sempre nei progetti in cui l’eterogeneità delle voci presenti rischia di creare dei freni alle scelte.

Il risultato trova alla fine tutti d’accordo non tanto perché lo strumento (una matrice che incrocia impatto e sforzo progettuale) sia particolarmente efficiente. L’accordo costruito tra le risorse del team è conseguenza del percorso metodologico seguito insieme. La comprensione degli altri permette di costruire terreni di confronto utili alla convergenza dei punti di vista.

Per inciso i parametri utilizzati per mappare le diverse idee sono di carattere qualitativo. Possono essere anche utilizzati fattori più scientifici. Il Ritorno dell’Investimento (ROI) può misurare al meglio il rapporto tra risultato operativo conseguibile con il progetto e capitale investito.

È, insieme ad altri strumenti tecnici, qualcosa che si deve saper maneggiare. Ma non dimentichiamo che nelle scelte di opzioni, il fattore psicologico e i bias cognitivi prevalgono.

Per questo suggerisco di affiancare ad analisi tecniche di fattibilità e ritorno dell’investimento, un layer di confronto dialogico come quello descritto.

Priorità e “killer feature”

Un ultimo tema che mi interessa esplorare in questo ragionamento attorno alle priorità è quello di un errore di prospettiva che può capitare quando un’organizzazione affronta un progetto al di fuori del proprio tradizionale business model.

Sembra sempre bizzarra la classificazione delle feature presentata in Monetizing Innovation. In particolare quando si parla di leader, filler e killer feature.

In breve, le leader feature sono quelle che non possono mancare (must have), le filler sono quelle che “riempiono” il prodotto senza essere indispensabili (nice to have) e infine le killer sono quelle che possono pregiudicare il processo di acquisto.

Ci si chiederà chi mai potrà inserire una killer feature in un prodotto che vuole vendere.

In realtà il caso capita e non poche volte. La nostra scelta di priorità si traduce nella definizione di obiettivi e metriche coerenti con le cose importanti.

Quando si cambia modello di business e valore per il cliente rischiamo di portarci dietro le vecchie impostazioni. Il racconto dell’acquisizione di Youtube da parte di Google è esemplare. Se la priorità è quella di un motore di ricerca, si rischia di non leggere obiettivi più significativi per una piattaforma di video. In questo senso passare dalla focalizzazione sul numero di ricerche a quello sul tempo passato a guardare video (apparentemente in contraddizione con il precedente) può essere difficile.

Conclusioni

L’ultimo esempio spiega che le priorità sono da ridefinire nel tempo. In particolare nei processi di innovazione guidati dal Lean Thinking il rischio è quello di continuare a leggere le proprie azioni secondo approcci consolidati.

Alla fine, come sempre, il problema non è tanto comprendere la priorità tra le cose che intendiamo fare, quanto fare le cose nella sequenza delle priorità che ha il nostro cliente.

1 comment

By stefanoschiavo