Sono ancora sotto l’influsso del nuovo libro nato nel mondo Strategyzer. The Invincible Company è un’opera articolata che si capisce meglio a una seconda lettura. Parla di business model da inventare o da cambiare.
Si mischiano nel testo innumerevoli esempi, catalogati come solo una collezione di farfalle di un naturalista vittoriano.
Ti portano a riguardare il video di Dollar Shave Club. Ti immergono nelle avventure imprenditoriali di Jeff Bezos e Steve Jobs imbrigliandole in percorsi che quasi sembrano pianificabili.
Irretito nello schema, ogni progetto di business sembra più razionale di quanto sia stato nella realtà.
C’è in questo una piccola contraddizione di fondo.
Da una parte un messaggio che sta al centro di tutta la produzione di Osterwalder & C. La strada la si scopre testando progressivamente ipotesi per lo più sbagliate. Dall’altra con questo libro si costruisce a posteriori un insieme dettagliato di modelli che dovrebbero far da esempio per il futuro.
La cosa non torna del tutto, ma fa niente. Lasciamoci trasportare.
Oltre la bella grafica
C’è ancora il Business Model Canvas al centro. E poi un balletto di grafici, schemi, frecce e postit per mostrare la coreografia ideale da seguire in ogni business.
Sta alla base del libro una distinzione di cui ho parlato in un altro post. Il mondo dell’Explore e quello dell’Exploit. Quello del blue e del red management. Non mi ci risoffermo.
Piuttosto volevo porre l’attenzione su un’altra chiave di lettura del testo.
Per introdurla devo tornare un po’ indietro. Riguardare cosa ci hanno insegnato gli autori in questi anni. Mi riferisco a un approccio metodologico che pone al centro un percorso esplorativo. Il test e il metodo scientifico, gli MVP e la validazione “out of the building” sono il mantra di tutto il Customer Development.
Questo ha portato a un’accentuazione del processo e del metodo. Il mindset veicolato dal Lean Startup è quello dell’efficacia rispetto all’efficienza.
Not doing things right, but doing the right things
Prendersi delle sberle dal mercato velocemente. Massimizzare l’apprendimento rispetto alla vendita.
Per tutto questo c’è il ciclo Build Measure Learn. Per gli amanti del Lean Thinking classico, è un ciclo di Deming applicato ai modelli di business e all’innovazione.
Attitudine e consapevolezza metodologica sembravano tutto. Un mindset rivolto alla sperimentazione e un business model da validare progressivamente.
Ma le cose si complicano
In questo nuovo libro, frutto di una lunga frequentazione di organizzazioni complesse, emerge qualcos’altro. Che non è più sottotraccia, ma diventa protagonista della narrazione.
La cultura e l’identità aziendale contano
Non si tratta solo di applicare strumenti. Rischiano di essere operazioni infeconde se non si allineano con un percorso di cultura e stile organizzativo.
Due sono gli strumenti evocati a questo fine nel testo. Uno viene prima e uno dopo l’analisi del business model.
1. Strategic fit
Si tratta di un framework che precede lo sviluppo del portafoglio di azioni di Explore ed Exploit. Un triangolo che cerca di coprire gli aspetti valoriali alla base dell’azione sul mercato dell’azienda.
Senza il Purpose, senza la cultura organizzativa, senza un’identità da mostrare al mercato e agli stakeholder, non avremmo la bussola adatta a valutare le azioni successive.
Non si tratta solo della strategia aziendale. Anche se è molto correlata. È più la personalità, l’immagine, lo stile e il modo di pensare. Non a caso esce dall’elaborazione di studiosi che hanno messo le persone, gli imprenditori, gli eroi delle startup digitali alla base della loro elaborazione metodologica.
2- The Culture Map
Il secondo strumento emerge alla fine del libro. Correla i risultati dell’innovazione ad agenti abilitatori o a soggetti frenanti. La chiave è determinare comportamenti reali che non sono naturale conseguenza di quanto scritto nei piani di business. Non a caso il termine behavioural tanto successo ha avuto negli ultimi decenni di analisi economiche.
Banalizzandola si tratta di affrontare il tipico “dal dire al fare”. Attivare comportamenti quotidiani richiede delle tecniche, degli atteggiamenti, una cultura manageriale coerente, una ritualità non scontata. Solo questo layer organizzativo permette di raggiungere gli auspicati risultati del processo di innovazione.
I business model e gli impatti sull’organizzazione
In altri termini esistono due piani propedeutici e conseguenti al design del modello di business. Esistono sia che si esplorino nuovi modelli, sia che si modifichino gli attuali.
Uno parla di identità, visione e cultura.
L’altro di organizzazione, comportamenti e abilitatori.
Non siamo distanti dai rituali e dalla collaborazione trasformativa di cui ho tanto parlato nella terza parte de La Trappola del Business Plan.
È in altre parole la consapevolezza che niente si muove in un’organizzazione che non nasca da una cultura condivisa e finalizzata a un risultato comune.
I metodi, fondamentali come non mai, sono lo strumento conseguente per progettare. Ma prima stanno l’idea, il significato, il fine comune dell’avventura imprenditoriale e organizzativa.