Se c’è una certezza che deriva dall’esperienza e solo in seconda battuta dalla teoria è che il brainstorming non funziona. Anzi costituisce spesso un modo sicuro per arrivare a risultati superficiali, poco analitici e controproducenti.
La trappola del brainstorming?
Urge subito citare un passaggio di Sprint: How To Solve Big Problems and Test New Ideas in Just Five Days di Jake Knapp, John Zeratsky e Braden Kowitz in cui gli autori parlano proprio di brainstorming.
Un esempio è uno studio a Yale nel 1958. Sono stati confrontati i risultati di singoli individui con quelli di team di brainstorming che affrontavano lo stesso problema. Gli individui hanno dominato. Hanno generato più soluzioni e le loro soluzioni sono state giudicate di più alta qualità e più originali. […] E oggi, più di mezzo secolo dopo, si stanno ancora organizzando gruppi di brainstorming! Sarà perché il nome “brainstorming” piace…
Si dirà. Scrivi un libro contro il Business Plan, poi te la prendi con il brainstorming… Sarà mica che vuoi andare contro tutti gli strumenti manageriali più utilizzati e diffusi solo per provocare?
No, anzi. Amo molto che i team di lavoro utilizzino delle metodologie utili a migliorare il loro modo di interagire e collaborare. La critica al Business Plan attiene al contesto dell’innovazione in ambiti di profonda incertezza e mira a dare maggiore libertà di manovra agli innovatori. Nel caso del brainstorming la motivazione della critica nasce da considerazioni quasi opposte.
Le condizioni per collaborare
Quando si deve creare e serve costruire qualcosa di nuovo, la carta bianca rischia di essere un freno. Un poeta senza metrica, un pittore senza una tecnica vincolante, un regista senza le rigide costrizioni della tecnologia. Sono condizioni estremamente difficili per inventare.
Uno straordinario racconto di tutto questo si trova nel film che esplora il blocco che può nascere dall’assenza di vincoli. The Five Obstructions di Lars Von Trier e Jorgen Leth racconta il progressivo liberarsi da un blocco creativo di un regista in crisi. Attraverso cinque successivi vincoli nel rigirare un vecchio unico film.
Il brainstorming assomiglia alla carta bianca, all’assenza di regole. La massima espressione di creatività nasce quando ci si trova di fronte a una resistenza. Un ostacolo alimenta la nostra fantasia. I software user-friendly assopiscono il nostro senso critico. Lo racconta bene Richard Sennett in Costruire e abitare. Etica per la città.
Ma quali vincoli sono d’aiuto?
Lo spiego bene nella terza parte de La Trappola del Business Plan. I vincoli più adatti alla collaborazione creativa sono quelli dettati da rituali. Ossia da situazioni ripetitive, fortemente simboliche e caratterizzate da una messa in scena efficace.
Il visual management caro al Lean Thinking è un’espressione di questo, ma anche gli stand fieristici che ho visto realizzare a Velux Italia in questi ultimi anni hanno molta di questa cultura. Riescono a coinvolgere il pubblico attivando relazioni con progettisti e tecnici in modo straordinario.
Il brainstorming in questo senso manca di quelle caratteristiche utili a mettere in proficua relazione le persone. E allo stesso tempo non permette nemmeno la elaborazione individuale. Come spiegavano all’inizio nell’esempio di Sprint, da essa spesso vengono soluzioni originali ed efficaci.
Leggevo che la maggior parte delle idee nascono sotto la doccia. In un momento di relax individuale in cui la mente si attiva ricomponendo un quadro nuovo. La mente però parte da stimoli che sono nati il più delle volte in contesti relazionali che è fondamentale progettare.
Conclusioni
Dicevo all’inizio che questa consapevolezza sui limiti del brainstorming nasce più dall’esperienza che dalla teoria. In effetti nelle ultime settimane ho avuto la possibilità di guidare team di management di aziende molto complesse e l’adozione di tecniche di facilitazione vincolanti ha fatto la differenza.
Tante sono le metodologie per raggiungere un risultato positivo quando si fanno lavorare insieme team eterogenei. Prima della conoscenza degli strumenti, serve però comprendere bene perché è necessario costruire queste gabbie. Altrimenti, al posto di rituali votati all’innovazione, si rischia di cadere in abitudini ripetitive e noiose.