Scrivere un libro non è cosa da tutti i giorni. E per chi lo fa per la prima volta può costituire una fonte di sorprese e scoperte importante. Quando Alberto Maestri mi ha chiesto di sviluppare un manuale per i Maker, la cosa mi è sembrata strana, ma lusingante. In effetti non mi potevo considerare un maker, neppure estendendo e stiracchiando oltremodo il concetto…
Ma i maker li conoscevo e frequentavo e avevo un po’ di opinioni sul fenomeno, anche se non sempre lusinghiere. Anche coinvolto dall’entusiasmo del team di FrancoAngeli che stava lanciando la nuova collana legata alle Professioni Digitali di cui il mio testo sarebbe stata una delle prime uscite, accettai. Con acribia mi misi all’opera.
Un salto tra i maker di Genova!
Di tutto questo ho parlato sabato a Genova invitato da Andrea e Sylvie di Lino’s & Co. Di fronte a me bei personaggi non del tutto digiuni dell’argomento, ma che ho trovato interessati al mio punto di vista. Anche perché nel frattempo Alberto Maestri mi confermava il carattere da “evergreen” di #Maker.
Evergreen?
Cosa rende questo libro una lettura non effimera?
Da una parte il perdurare del fenomeno, l’interesse per un nuovo modo di affrontare l’innovazione tecnologica.
Dall’altra il mantenimento, e forse il consolidamento, dello iato tra movimento maker e aziende.
A un livello c’è stata Industria 4.0 con dei tavoli che non hanno visto protagonisti i maker. Ma anche su un piano di piccole imprese manifatturiere si è vista un’evoluzione delle nostre aziende. Un percorso che unisce Digital Transformation e Storytelling Artigiano. Ma anche qui i maker non erano i leader dell’evoluzione.
In qualche modo le avvertenze che avevo scritto nel libro si stavano rivelando profezie corrette. La tecnologia è un amplificatore. Se dietro non c’è un processo di business solido, rischia di amplificare una situazione caotica. I maker erano un fenomeno di moda e la loro visibilità mediatica rischiava di non farli diventare centrali nel dibattito economico reale. Rimanere sui palchi e nelle fiere, essere intrappolati nella narrazione.
Contenuti da non buttare…
I contenuti del libro sono ancora attuali e questo rende la sua lettura probabilmente utile a chi si stia avvicinando ai Fab Lab e ai makerspace. Inoltre le considerazioni al suo interno sono adatte a molti fenomeni di innovazione che rischiano di avere un carattere effimero. Dalle startup agli artigiani digitali. Dai maestri dell’inbound marketing ai fautori del design thinking…
Il libro spiega che prima di tutti gli strumenti e le metodologie stanno degli obiettivi di business e del valore da portare ai clienti. Certe idee sono quindi sempre utili quando affronti un percorso di innovazione. Specialmente quando si è, come gli interlocutori di Genova, bravi e appassionati. Il rischio di concentrarsi sui propri asset e sul proprio know-how è dietro l’angolo, ma ci sono atteggiamenti e approcci che possono aiutare. E in Maker sono, a detta di molti, ben descritti. Forse questo gli dà una vita più lunga e un interesse che si propaga anche territorialmente.
La sfida di Genova
Approfitto del post per fare i complimenti al team di Genova che sta affrontando un progetto impegnativo e avvincente. I primi risultati sono splendidi e ora serve un salto di qualità che sarà permesso dall’interesse generato in tutto il territorio. La Liguria ha potenzialità straordinarie che rischiano di essere perdute se non si attiva un atteggiamento di relazione e apertura non sempre in linea con la tradizione del luogo. La sfida è ancora una volta culturale, ma le persone che ho visto sabato sono in grado di vincerla. Con coraggio e determinazione.