I limiti del Lean Thinking

Il contesto in cui ci troviamo definisce le modalità con cui ci muoviamo. Per capirlo usiamo un framework molto famoso, come il modello Cynefin. Un bel libro come The Flow System ci dice come affrontarli. Parla di Lean e Agile e qui in Sharazad abbiamo provato a capire meglio. Un esempio veneziano può aiutarci a comprendere di cosa parliamo. Ci racconta quando è il caso di affidarci agli approcci del Lean Thinking e quando invece è il caso di spostarsi verso altro, dall’Agile, alla Business Model Generation per arrivare al Design Thinking.

Emergenza piccioni

La scorsa settimana mi è scaduta l’essenziale Carta Venezia. Vado a rifarla. Vedo subito che la coda è arrivata al numero A242. Prendo trepidante il mio numero. A273. Trentuno prima di me. Urca. Tutte le informazioni sono note. Anche se non lietissime. Sono tutti “Known knowns”. Tuto, in altre parole, è semplice. Dovrò aspettare.

Poi penso che il tempo di attesa dipenderà da quanto ci mettono per ogni numero. So però di non sapere il tempo medio. È un aspetto sconosciuto, ma che so di non sapere. Osservo il contesto e arrivo a qualche risultato. Scopro che a causa di un processo con standard macchinosi, in ogni sportello passa un numero circa ogni otto minuti. Quindi ho davanti trentuno numeri per otto minuti. Centocinquantacinque minuti. Basta ora dividere per il numero di sportelli. Centocinquantacinque diviso quattro. Mancano trentotto minuti al mio turno. “Known unknowns”. Complicato. Ma ho avuto strumenti matematici e scientifici per attivare a comprendere il contesto.

Tocca ormai a me. A265… A266… H134. Che cosa succede? Ci sono biglietti H? Cosa sono? Me lo dice la persona vicino a me. Sono i biglietti riservati agli studenti. E hanno la precedenza. Ne arrivano altri due… Non mi ci ritrovo più… I conti saltano. Faccio stime più traballanti e mentre calcolo che dovrebbero mancare ancora nove minuti, ecco… Non si presentano l’A270, l’A271 e l’A272. E, sorpresa, tocca a me. Un sacco di informazioni che non sapevo di non sapere. “Unknown unknowns”. È un ambiente decisamente complesso.

E ora che succede? E in corso uno sciopero non autorizzato dei gondolieri. Occupano l’ufficio. Discussioni… Confusione… Che faccio? Non ci sono spazi di manovra. Vivere minuto per minuto. Paradossalmente si torna alle dinamiche della semplicità. Agiamo e vediamo che succede. Sono cose che non potevo sapere. Imprevedibili. “Unknowables”. Un contesto caotico. Ma posso affrontarlo abbandonando la pianificazione che ho adottato dentro i contesti semplici e complicati.

Poi l’inimmaginabile. C’è una rivolta dei piccioni di Piazza San Marco. Assalgono l’ufficio in stormo… Disordine. Ingestibile. Siamo al di fuori della portata dei framework. E ci arrendiamo.

Dal PDCA all’OODA

Il framework Cynefin di Kurtz e Snowden ci dà le coordinate per comprendere il contesto e il grado di complessità e governabilità della situazione. Gli approcci proposti dal libro vanno da un’azione lineare e immediata ai cicli PDCA di William Edwards Deming e OODA di John Boyd. Sono diversi modi di affrontare il cambiamento. E non dipendono dalle nostre attitudini e dalle nostre preferenze. Dipendono dall’ambiente esterno.

Esistono differenti cicli di loop tra la nostra osservazione e l’azione che ne deriva e che muta nel tempo. Per i dettagli rimandiamo al libro. È chiara però una cosa. Nei contesti semplici o complicati vale l’approccio del Lean Thinking. Vale la Teoria dei Sistemi. Vale il Red Management. Dal complesso in poi ci si sposta al dominio dell’Agile management, del Lean Startup, del Business Model Generation e del Design Thinking. Si va dal red al blue management che abbiamo raccontato qua.

Il ruolo dell’emergenza

Infine un ultimo aspetto. Riguarda il concetto di emergenza e del suo ruolo in contesti diversi.

Quando ci muoviamo in contesti semplici o complicati. Dove abbiamo utilizzato procedure e standard per costruire un controllo sul contesto, l’emergenza ci allarma. Qualcosa disturba l’ordine. Sono spazi in cui possiamo applicare la System Theory. Sono i sistemi chiusi. Controllabili. Gestibili. L’emergenza rompe l’armonia dei processi ben strutturati e sotto controllo, distrugge lo standard, è minacciosa. La evitiamo, la temiamo.

Al contrario, nei sistemi complessi e caotici dove l’esplorazione è a caccia di nuovi schemi e paradigmi per governare l’ingovernabile, l’emergenza comporta l’arrivo di nuove opportunità da cogliere. Torna alla sua radice. “Emerge” qualcosa di nuovo e noi abbiamo strumenti e metodi per accoglierlo e governarlo. Con un approccio sperimentale, iterativo e progressivo. Apprenderemo così cose nuove in continuazione e non come eccezione. Cresceremo e modificheremo il nostro approccio facendo leva sull’incertezza per costruire continui nuovi spazi di innovazione. Nel caos e nella complessità, viva allora l’emergenza.

By stefanoschiavo