La Trappola del Business Plan sta andando alla grande. È giusto iniziare a ringraziare i protagonisti che hanno reso il testo interessante e utile. Parto da chi mi ha permesso di spiegare al meglio il contesto dell’innovazione, delle startup e in particolare di cosa significhi esplorare e costruire un business attraverso un approccio iterativo e sperimentale come quello del Lean Startup. Parlo di Enrico Pandian. Avere il coraggio di andarsi a prendere “la prima porta sbattuta in faccia” testando subito la propria idea non è da tutti. Farlo in particolare quando non abbiamo ancora il prodotto “perfetto” è difficile. Nell’ottica del Lean Startup, concentrarsi sugli aspetti più rilevanti, su quelli più rischiosi, abbandonando il desiderio di avere tutte le cose a posto per andare sul mercato deriva più da un’attitudine mentale che da un metodo strutturato.
In varie parti del libro viene citato Enrico. Interviene per parlare delle sue startup, dei suoi successi, ma anche dei fondamentali insuccessi. Racconta il mondo degli investitori e spiega alcune cose fondamentali quando si inizia a sviluppare un progetto. Varrebbe la pena dedicarsi al libro passando da un suo intervento all’altro, ma prendo spunto da ciò che mi ha insegnato per fare qualche ulteriore ragionamento.
La filosofia dell’innovatore
È utile capire un aspetto psicologico che noto in molti giovani startupper. Non sono esenti da questo atteggiamento nemmeno alcuni manager che lanciano un nuovo progetto in azienda. Si tratta della funzione psicologica che ha la propria idea di innovazione. L’idea di business rappresenta spesso un modo per evadere dalla propria quotidianità, dal proprio business o lavoro attuale. Serve a creare un livello parallelo che spesso deve rimanere tale. In una famosa canzone di Giorgio Gaber
con accanto questo slancio ognuno [è] come più di se stesso: [è] come due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana, e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che [vuole] spiccare il volo, per cambiare veramente la vita.
È confortante mantenere il sogno di un futuro radioso, di un “sol dell’avvenire” che arriverà, ma intanto “lasciamolo lì” come una stella cometa che ci indica una possibilità remota.
L’alternativa
L’alternativa è mettere l’idea subito di fronte alla possibilità di un “no”. Andare a scoprire che non risponde al bisogno di alcun cliente. Che non c’è un valore di mercato, che si potrebbe cambiare l’idea per adattarsi alle richieste dei clienti veri. Ma quanto più comodo è rimanere chiusi nei propri uffici davanti a piani e documenti, disegni e grafici a immaginare possibilità infinite?
Proprio ieri ho incontrato una ragazza con un bel progetto di business nell’ambito dell’economia circolare. Quattro mesi di idee e ragionamenti, analisi sulla carta e racconti appassionati agli amici. Un sacco di complimenti e incoraggiamenti. Ma in quattro mesi non un solo tentativo di realizzare un prototipo da presentare realmente. Il confortevole lavoro come segretaria in uno studio di progettazione e in parallelo tanti piani di business sempre più precisi e convincenti. Quando le ho proposto di arrivare con un prodotto, per quanto abbozzato, la settimana prossima, si è percepito chiaramente il panico. Uscire dalla “potenzialità” per ricevere un feedback negativo è percepito com una possibile sconfitta.
La ricerca del rifiuto
Il passaggio fondamentale, per questo motivo, è di natura psicologica. Accettare e anzi perseguire il rifiuto da parte del possibile cliente è un passaggio decisivo. Enrico Pandian, ne La Trappola del Business Plan, riferendosi ai primi passi di Supermercato24, dice
Il primo giorno ci sono state tre richieste di consegna. Mi arrivava un sms di testo sul cellulare. Prendevo la mia Vespetta e andavo dal cliente a consegnare in prima persona la spesa. Incontravo i clienti. Il primo è stato un anziano che viveva vicino alla curva sud dello Stadio.
Bisogna uscire dal proprio ufficio e incontrare il cliente. Subito. Il Lean Thinking tradizionale parla di Gemba, di luogo in cui il valore si realizza. Nel caso dell’innovatore si tratta di andare a proporre l’idea sul mercato. Bisogna imparare a farlo in modo adeguato. Con le interviste preparate secondo le regole di Steve Blank o del più leggero Rob Fitzpatrick. Oppure costruendo esperimenti secondo le metodologie del Minimum Viable Product o del Pretotipo. Ma tutto questo viene dopo. Prima bisogna rompere la barriera che ci mantiene nel nostro spazio di progettazione dove la fantasia e le ipotesi non validate stanno ben comode.
Conclusioni
Nel libro si parla di questi aspetti in diversi modi. Il dialogo con Enrico è stato il punto di partenza ed è utile anche ora seguirlo nel suo approccio all’innovazione nel business. È ora impegnato in Frescofrigo. Il suo modo di proporlo al mercato mantiene la freschezza e il carattere esplorativo che ha descritto nel libro. Da manuale del Lean Startup. Siamo curiosi di seguirlo in questa nuova avventura!