L’utilizzo di metriche in un percorso di innovazione è uno degli aspetti che caratterizzano la cultura del Lean Thinking (ne abbiamo parlato qua).
Si tratta della centralità della consapevolezza su come stiano davvero le cose. Non perdersi in considerazioni astratte chiusi in un ufficio. Andare invece a vedere cosa succede realmente. Andare in quello che i giapponesi chiamano Gemba, ossia “the real place”, il luogo dove il valore viene creato.
Si tratta di ricondurre la pratica manageriale a una gestione diretta dei processi. Rimanere collegati con la realtà e con il valore concretamente creato per il cliente.
Questo approccio ha un’evidente conseguenza nel modo di misurare i processi aziendali. Si preferiranno metriche quick and dirty, che consentano un controllo continuo e diretto di come stanno andando le cose. E si preferirà che queste metriche siano direttamente sotto il controllo di chi lavora nel processo. Che siano comprensibili e utilizzabili per l’azione quotidiana. Non destinati a un complesso sistema di reportistica verso gli strati direzionali più lontani dal Gemba. Questa impostazione risulta interessante nell’utilizzo del metodo A3 per attivare un percorso di Problem Solving.
Più in generale la scelta delle metriche di misurazione determina ciò che le persone coinvolte faranno e le loro priorità. In ultima analisi ciò che otterremo dal progetto. You get what you measure!
Le metriche in un processo di innovazione
Usciamo dall’ambito di analisi dei processi operativi ed entriamo in quello dell’innovazione nei modelli di business. Queste logiche valgono ancora e anzi determinano delle conseguenze importanti nel modo di scegliere le metriche di valutazione del successo della nostra azione.
Business model e metodo scientifico
Ne abbiamo parlato in un altro articolo. Il Lean Startup può essere un paradigma utile a impostare un’innovazione del modello di business aziendale. Esso si fonda sul metodo scientifico e su una serie di fasi rapide ed efficaci di sperimentazione.
Il metodo scientifico prevede di sviluppare una serie di ipotesi sul mercato che stiamo affrontando. Ci invita a porci nelle condizioni di verificare gli aspetti più critici legati al modello da noi ideato.
Il ciclo Build-Measure-Learn
Si tratta di predisporre un ciclo Build-Measure-Learn. In questo modo la misura di quanto costruito permette di massimizzare il nostro apprendimento. Ma cosa apprendere? La chiave è comprendere la veridicità delle nostre ipotesi progettuali. Ciò che dobbiamo massimizzare sono la focalizzazione, la velocità (anche qui vale la regola quick and dirty) e appunto l’apprendimento.
In un’impostazione di questo tipo può essere prioritario misurare dei parametri che permettano di agire immediatamente sul nostro modello. Come nel caso del miglioramento dei processi aziendali, dobbiamo avere la percezione reale di come stanno andando le cose rispetto ai nostri obiettivi.
Metriche diverse in fasi diverse
Inizialmente dovremo preferire metriche che dimostrino l’efficacia del nostro modello. Successivamente verificheremo l’efficienza, la sostenibilità e la scalabilità di esso.
Per efficacia si intende la capacità di rispondere alle esigenze del cliente ipotizzate nel modello di business. Più in generale è spesso utile verificare
- l’esistenza stessa del cliente ipotizzato nel nostro target,
- la sua dimensione come possibile mercato,
- la consistenza e urgenza dei problemi individuati,
- l’insoddisfazione rispetto alle alternative a disposizione.
Le misurazioni
- sull’efficienza dei nostri processi,
- sull’adeguatezza della nostra soluzione,
- sulla nostra capacità di comunicare e gestire la relazione con il cliente,
- sull’equilibrio dinamico del modello economico e finanziario
risultano fattori da verificare successivamente. Appartengono all’analisi dell’efficienza e della scalabilità, ma è chiaro che analizzare le prestazioni economiche di un business senza un cliente sarebbe poco utile!
Vanity metrics e Actionable metrics
In particolare dobbiamo evitare metriche che crescono continuamente per il solo fatto di affrontare il mercato. I like nei social network sono quasi sempre una delle cosiddette vanity metrics. Servono solo a compiacere la voglia di apprezzamento sul proprio operato. Non forniscono alcun elemento utilizzabile nella costruzione della nostra soluzione per il mercato.
Cerchiamo invece metriche actionable. Sono quelle che ci consentono di attivare un percorso virtuoso di contromisure verso ipotesi non confermate dai nostri esperimenti. Si va dal modificare alcuni assunti iniziali fino a cambiare radicalmente il modello (Pivoting) in una logica di miglioramento continuo tipico della cultura Lean.
“An actionable metric is one that ties specific and repeatable actions to observed results” (Ash Maurya)
Gli esperimenti stessi (i Minimum Viable Product) sono costruiti per misurare le ipotesi più a rischio e le metriche che ne derivano vanno a testare queste ipotesi.
Conclusioni
Solitamente pensiamo alle metriche come strumento di controllo sui processi, come valutazione sul gap tra quanto abbiamo previsto e quanto sta accadendo. L’obiettivo delle metriche sembra quindi quello di poter cambiare rotta quando quella impostata risulta inadeguata. Questo può valere quando la rotta è certa, quando c’è una chiara visione di dove vogliamo andare e di dove stiamo andando…
Su una rotta sconosciuta…
In una fase di innovazione la conoscenza stessa di dove dobbiamo andare non c’è. Siamo alla ricerca di quale sia la meta. In questa fase dobbiamo puntare ad aprire un confronto con l’esterno per apprendere quale sia il valore cercato dal mercato. Potrebbe essere importante valutare l’interesse generato nel mio cliente prima ancora della disponibilità ad acquistare. Testare la capacità di vendere potrebbe essere ancora prematuro e non permettere di valutare le potenzialità reali dell’innovazione che stiamo sviluppando.
Cosa misurare allora? Non c’è una regola che vale sempre. Quasi sempre però si tratta di attivare metriche che misurino il valore creato e non la nostra capacità di fare.