Sharazad è alle prese con progetti sempre più entusiasmanti e il tempo per scrivere manca. Ma non manca certo quello per osservare e pensare.
Abbiamo partecipato all’ultima Fab Session a Verona sul tema degli analisti simbolici, quelle figure professionali che stanno nel mezzo tra creazione e realizzazione. Avvocati, professionisti, manager o quanti altri dovrebbero, semplificando un po’, far fluire il valore nella catena che porta dall’ideatore al realizzatore di un prodotto o di un servizio.
Banale dire che questa catena non è sempre così ben oliata. E i giochi di sabato hanno dimostrato che i nostri analisti, per quanto consapevoli e preparati, non curano sempre al meglio le interfacce nella complessa architettura del lavoro ai nostri tempi.
Mentre la Session volgeva al termine si inanellavano le domande e i dubbi di Laura, incurante della fame dei colleghi, a dimostrazione di un interesse che andava oltre la didattica. Abbiamo così capito che l’incontro non era solo un momento di costruzione di un percorso didattico, ma era un’occasione per un confronto alto con interlocutori molto qualificati. Un confronto sui temi che caratterizzano quella “Fab Way” che ha l’ambizione di creare un percorso di trasformazione di un business tradizionale in qualcosa di nuovo e in linea con l’innovazione sociale e manageriale.
Concentrarsi su un lavoro ben fatto è indispensabile quanto insufficiente e i clamorosi fallimenti degli ultimi lavori svolti nella mattinata della Fab Session sono un’allegoria inequivocabile di questi limiti. Il ponte da costruire tra chi è coinvolto in un’avventura comune è difficile da progettare e i punti di riferimento non sono così stabili.
Leggevamo in questi giorni un bell’articolo di qualche anno fa di Claudio Magris sulla Cina e sui suoi sviluppi verso il capitalismo. Un po’ datato nel contenuto politico, ma sicuramente una grande prova di cultura che supera i confini dei fatti raccontati. Spesso succede a Magris e per questo vale la pena ogni tanto dimenticarsi l’attualità dei suoi scritti e rileggersi qualche sua riga.
Abbiamo visto come i riferimenti dell’articolo fossero quelli tipici di un certo approccio didattico alla strategia aziendale. “La guerra è la madre di tutte le cose” diceva Eraclito e a partire da questa antica verità i punti di riferimento sono di volta in volta Carl Von Clausewitz o Colin Powell. Con conseguenti considerazioni davvero interessanti. Anche pensando alla guerra come discussione, separazione, dialettica.
Eppure sabato abbiamo visto qualcosa di diverso. In un contesto in cui la collaborazione emerge come paradigma controbilanciando una competitività senza confini, questi riferimenti possono essere affiancati ad altri che fanno del gioco, dei rituali e delle dinamiche relazionali tra le persone la base per lo sviluppo di una strategia nuova. Alla dialettica si affianca il dialogo, al confronto l’empatia.
Un modello che voglia costruire sulle interfacce deve forse partire da lì e non dimenticare Sun Tzu, ma magari trovare un’altra madre, più nobile, più alta, più contemporanea, alle azioni umane.