Lo sviluppo di un business model può partire in diversi modi. A volte, come spesso accade nel mondo delle startup digitali, è la tecnologia che dà la scintilla. In altri casi può essere un problema di un cliente che non trova oggi adeguata risposta. Ci sono situazioni in cui l’intuizione prevale, altre in cui un’impostazione rigorosamente scientifica può dare straordinari risultati.
Dietro l’idea ci sono diversi aspetti che devono essere valutati. Un business model è fondato su un equilibrio non semplice da trovare tra elementi che interagiscono.
Abbiamo parlato della priorità degli elementi relativi all’efficacia di mercato. Cliente. Problema. Value Proposition. E poi di quelli che toccano gli aspetti di efficienza, scalabilità e fattibilità. Soluzione. Marketing. Metriche. Motore della Crescita. Traction.
Come detto in altri post, si tratta spesso di modelli complessi e non solo complicati. Per intenderci il famoso piatto di spaghetti in cui indovinare cosa succederà quando comincerò a muovere la forchetta non è davvero semplice.
Un libro di qualche tempo fa dà un suggerimento interessante. Consiglia un punto di partenza prioritario per comprendere da subito rilevanza ed efficacia della mia idea. Partire ad analizzare i complessi elementi del modello partendo dal sistema di monetizzazione. In altre parole, come faremo i soldi?
In questo post proviamo a discutere un po’ delle indicazioni presenti in Monetizing Innovation. Non esauriremo in questo tutti i contenuti di cui è ricco il testo. Vediamo le premesse e alcune delle proposte operative per fondare la crescita del proprio modello di business sui principi di monetizzazione alla sua base.
Monetizing Innovation
Monetizing Innovation parte in maniera forte. I primi capitoli danno esempi concreti e delineano un quadro operativo a volte spaziante. L’esempio dell’introduzione sul mercato della Porsche Cayenne vuole riassumere alcuni elementi cardine di un’innovazione ben riuscita. La Porsche è stata attenta ai bisogni del cliente, al valore fornito, alla willingness to pay e al conseguente pricing quando ha sviluppato la Cayenne. Ma di fronte a un esempio virtuoso, se ne trovano tanti di insuccesso.
La domanda che si pongono gli autori Madhavan Ramanujam e Georg Tacke è fondante di quanto poi scriveranno. Perché la maggioranza dei nuovi prodotti fallisce?
Il fallimento nasce quando non si pone la volontà di pagare per un nuovo prodotto da parte del cliente al centro del product design
Product development
Il processo di sviluppo del prodotto rischia di seguire un iter inverso a quello ideale. La grande centralità di tecnologia, processi e materiali porta spesso in secondo piano il mercato. A volte anche con ragione, quando ad esempio la forza vendita assume un atteggiamento conservativo. Ciononostante gli autori mettono in rilievo come la sequenza più virtuosa che dovrebbe alimentare il processo di sviluppo dei prodotti prevede “mercato e prezzo, poi design, poi produzione”. In altre parole, si propone di progettare il prodotto attorno al prezzo.
Gli innovatori di prodotto di maggior successo iniziano determinando quale sia il valore cercato dal cliente e cosa voglia davvero pagare, poi progettano i prodotti attorno a questi input e definiscono una chiara strategia di monetizzazione che rispettano fino in fondo
I motivi del fallimento
Il 72% dei nuovi prodotti introdotti negli ultimi cinque anni è fallito – o nel raggiungere gli obiettivi prefissati di revenue o reddito, o fallito del tutto
(Sarah Green Carmichael, “The Silent Killer of New Products: Lazy Pricing”, Harvard Business Review, September 9, 2014)
I dati che le ricerche presentano non sono confortanti. Molti dei progetti di innovazione di prodotto falliscono. La maggior parte per essere precisi. Il libro però cerca di leggere un aspetto positivo. I pattern ricorrenti nel fallimento della monetizzazione di nuovi prodotti sono solo quattro. Non una grande consolazione forse, ma può dare spazio a comportamenti intelligenti nello sviluppo della propria innovazione.
Vediamo quindi le quattro principali cause individuate da Ramanujam e Tacke.
1. Feature shock
Si potrebbe riassumere in questa situazione: “quando si dà troppo e si riceve troppo poco”. Il valore del prodotto è minore della somma delle sue parti. Ci sono prodotti costosi da produrre, “over engineered”, difficili da spiegare e spesso proposti a prezzi troppo alti.
Dovremmo accorgerci di essere in questa situazione quando sentiamo frasi come “ma potremmo anche aggiungere questo…”, “meglio non prendere rischi”, “i clienti non sanno quello che vogliono, decidiamo noi cosa produrre”, “il nostro mercato non è segmentato; facciamo una sola versione che va bene sempre”, “serve qualche novità per il mercato”, …
2. Minivation
La situazione qua è diversa. Siamo un po’ timidi e non capiamo le vere potenzialità della nostra innovazione. In qualche modo “chiediamo troppo poco”. I prodotti non colgono né l’intero potenziale mercato né il potenziale prezzo pieno.
In questo caso il libro presenta il caso di Valeo, sensore per il parcheggio che il fornitore ha venduto tenendo conto di un classico mark-up sul costo di produzione senza comprendere appieno il valore che il cliente (casa automobilistica) riconosceva all’innovazione
3. Le gemme nascoste
Se non si cerca bene, si rischia di non trovare le gemme. Un’azienda può avere un’idea brillante, ma non riesce a riconoscerla e a quantificare il valore del prodotto per i clienti. Le gemme nascoste spesso finiscono nel limbo, né lanciate né uccise.
Il caso presentato per questa situazione è quello della negativa gestione dell’innovazione digitale nella strategia di prodotto di Kodak.
Sono allarmanti frasi come “non sappiamo cosa farcene di questo”, “non è un business che fa per noi”, “non abbiamo un processo strutturato per questo”, “non è nel nostro DNA”, “va contro la nostra cultura”.
4. Undead
Si tratta della situazione molto diffusa in cui nessun cliente manifesta un interesse per il nostro prodotto. Noi perseveriamo, per inerzia o per altre motivazioni. Abbiamo così prodotti che esistono ancora sul mercato, ma la cui domanda è inesistente.
Il prodotto, a tutti gli effetti, è morto, ma continua ad aggirarsi nel mercato come uno zombie. E in azienda girano frasi come “non sarò quello che dirà di no”, “personalmente non lo comprerei mai, ma…”, “lascia stare le ricerche, io conosco questo mercato…”, “aspettiamo più dati prima di chiudere il rubinetto”, “ormai la macchina è partita”, “siamo andati troppo in là… non possiamo fermarci qui”.
I casi di Google Glass e Segway sono esempi che gli autori collegano al fenomeno dell’Undead
Le regole per il successo nel processo di innovazione
Si può evitare di veder fallire la nostra idea, ma serve giocare con regole differenti. Il libro propone in particolare nove nuove regole per il successo nell’innovazione.
- Aprire un confronto con i clienti sulla willingness to pay subito nel processo di sviluppo del prodotto.
- Non forzare una soluzione che vale per tutti
- La configurazione di prodotto e il bundling sono più scienza che arte.
- Scegliere il pricing e il modello di revenue corretti.
- Sviluppare una strategia di pricing.
- Disegnare un business case usando i dati sulla willingness to pay del cliente.
- Comunicare il valore dell’offerta in modo chiaro e coinvolgente.
- Comprendere i lati irrazionali della domanda.
- Mantenere integrità nel pricing.
Sono tutti suggerimenti utili e ognuno necessita di un approfondimento. In un prossimo post vedremo come si declinano queste regole con un bel po’ di suggerimenti operativi.
Conclusioni
Abbiamo visto, partendo dalle considerazioni contenute nel libro Monetizing Innovation, quale possa essere un processo di innovazione di prodotto che eviti di incorrere nei tipici motivi di fallimento. In particolare abbiamo visto i quattro pattern più diffusi che si riscontrano nei fallimenti di idee di innovazione. Lo studio di queste casistiche ci permette di individuare alcune regole di comportamento virtuoso nel processo di product development.
Questi aspetti si integrano nel processo di costruzione di un business model ed entrano a nostro avviso in modo importante nel passaggio dalla fase di analisi del valore a quello della fattibilità e viabilità nel mercato della nostra idea. A cavallo per intenderci tra la prima e la seconda fase della definizione di un Lean Canvas descritta in questo post.