Un lampione, Salvini, il metodo scientifico e cinquanta pecore

Un complotto cinese. No, è la CIA, anzi no. Macron. Gli alieni! È stato Gompertz!

Chi come noi si occupa da tempo di incertezza e innovazione non ha potuto evitare di affrontare il tema sperimentazione. Sia che la si affronti con nuovi approcci digitali, sia che ci si muova in tradizionali contesti di “red management”, l’analisi dei numeri attraverso test statistici ed esperimenti è divenuta centrale.

Il metodo scientifico è stato il nostro faro. Le competenze statistiche hanno guidato chi si muoveva verso orizzonti incerti. Ci siamo così abituati a un’impostazione rigorosa, sia nel pensiero creativo che nel percorso strutturato.

Non può così che sorprenderci il comportamento di politici, media e cittadini di fronte ai dati che circolano attorno alla diffusione del coronavirus.

Per capire lo stupore parto da una storia raccontata bene da Arnaldo Camuffo.

Una sera buia. Un lampione e un uomo sotto che cerca qualcosa per terra. Passa un poliziotto che chiede se ha perso qualcosa. “Sì, le chiavi”. “Dove le ha perse?” “A quattro isolati da qua, ma questo è l’unico posto con un po’ di luce…”

Alla ricerca di lampioni

Molte persone oggi sono alla ricerca di un posto qualsiasi con un po’ di luce sotto cui cercare una risposta alle proprie ansie. Non è difficile capire come il lampione possa trasformarsi per ognuno in qualcosa di diverso.

Per qualche politico può essere un servizio televisivo di qualche anno fa.

Per qualcun altro un complotto che include l’immancabile CIA.

E poi mille altre supposizioni, sempre più improbabili, sempre più fantasiose.

Ma anche i più accorti sono presi da un invidiabile furore statistico e si improvvisano esperti di modelli di regressione non lineari. È diventato famoso anche Benjamin Gompertz, prima sconosciuto ai più, ma con il merito oggi di aver descritto una possibile curva di sviluppo dell’epidemia.

La scienza inadeguata

Dietro questo impegno nel ricercare una ragione c’è però un bisogno forte. C’è una comprensibile ansia di sicurezza, di certezze. Paradossalmente anche la presenza di un grande vecchio o di un laboratorio cinese capace di costruire un super piano di dominio sul Mondo attraverso un virus sintetico è confortevole. È l’idea che almeno un demone, per quanto malvagio, ci sia e che, per quanto dolore ci arrechi, abbia controllo sul Caos indistinto che invece sembra caratterizzare le nostre vite.

Gli scienziati e i politici più seri non riescono a rispondere a questa esigenza. È chiaro che quei bollettini della Protezione Civile alle 18 cui assistiamo in un rituale serale non toccano corde profonde di molti. Il linguaggio cauto della scienza viene confuso per reticenza. Gli inviti a obbedire e “stare a casa” dei politici sono presi per strategia di controllo.

Il problema è che la scienza empirica e sperimentale non si è mai opposta al pensiero dominante attraverso una battaglia di soli contenuti. All’inizio l’alternativa scientifica è sempre un’alternativa metodologica. Insegna a capire ciò che non sappiamo, non a proporre conoscenze rassicuranti.

Il metodo scientifico si muove smentendo false supposizioni. Gli esperimenti falsificano teorie. Non confermano mai in modo definitivo un’affermazione sintetica. Anche la mela che cade in testa a Newton può alla fine rivelarsi un’eccezione.

La tenerezza che mi dai

Ciò che risulta intollerabile ai più è la mancanza di certezze. La ricerca di una verità chiara, consolante o allarmante, è una ricerca di rassicurazione. Le fake news possono intenerire. Come un applauso al pilota alla fine di un volo.

Lamezia Milano
Valigia e biglietto
Lo spazio in aereo
Sembra sempre più stretto
C’è gente che ride
Per l’applauso al pilota
Io vedo solamente attaccamento alla vita

Brunori sas, Lamezia Milano

Scienza e fake news

Eppure, per quanto poco affascinante, non si tratta di adeguare il metodo alla capacità di comprensione di chi non è pronto. Inutile lavorare sul banalizzare il messaggio. Sul creare un falso senso di sicurezza. Sarebbe accettare l’approccio del complottista. Il linguaggio della fake news.

Continuare a spostare il confronto sul metodo e sull’approccio. Insegnare la differenza tra correlazione e causalità. Denunciare la tendenziosa millanteria delle similitudini.

La sperimentazione per validare le ipotesi

Esiste un approccio metodologico per la sperimentazione che sempre più utilizziamo nel business. Una gestione dell’innovazione strategica su basi scientifiche. Il Lean management lo esprime nei suoi cicli iterativi e l’Agile nei suoi sprint. Il Design Thinking nei suoi prototipi.

Dobbiamo conoscere almeno le basi del metodo.

In Experiments c’è questo racconto. Nel 1882 Louis Pasteur testa l’efficacia dei vaccini mentre lancia simultaneamente il concetto di test controllato (controlled trial). Hippolyte Rossignol, famoso veterinario del tempo, non crede all’idea che iniettare una forma debole della malattia possa fornire immunità a sue forme più virulente.

I due si sfidano in una fattoria poco a sud di Parigi. Arrivano giornalisti francesi e inglesi. Niente armi. Prendono cinquanta pecore. Venticinque ricevono un vaccino per l’antrace. Poi a tutte viene data una dose letale della malattia. In due giorni le venticinque pecore non vaccinate muoiono. Tutte le altre sopravvivono.

Nasce il concetto di “gruppo di controllo”. Era ancora lontano, come dicono Michael Luca e Max Bazerman, il trattamento umano degli animali nei test.

Cosa dobbiamo sapere

Dobbiamo sapere che la scelta del campione su cui analizzare i dati è difficile.

Facciamo un esperimento per verificare se nuovi libri di testo migliorano i risultati degli alunni in Kenya. Potremmo così prendere dei ragazzi e scoprire che in effetti migliorano i loro risultati con i nuovi libri. Poi però vediamo che i ragazzi che hanno partecipato al test erano i più ricchi e che solo per quelli, con una famiglia adeguata alle spalle, la correlazione è forte. E che invece per la grande massa sarebbe più importante migliorare le condizioni di salute degli alunni. Parametri nascosti e scelta del campione errata.

Potremmo pensare di aver individuato un rapporto di causa effetto e poi accorgerci che la correlazione è inversa. Negli anni ’90 la Volvo, macchina “sicura” per eccellenza, presentava il massimo numero di incidenti per chilometro percorso. Colpa di una macchina inadeguata? No. Colpa del fatto che, proprio per la sua sicurezza, la compravano i guidatori più insicuri.

Impariamo così a costruire esperimenti randomizzati. Impariamo a costruire gruppi cui sottoponiamo l’intervento (treatment group) e altri cui non facciamo niente (control group) per verificare meglio i risultati.

E poi impariamo molte altre tecniche di costruzione dell’esperimento e di analisi dei risultati.

Conclusioni

Il metodo scientifico non ci vuole rassicurare. Non si occupa delle conseguenze sul morale dei nostri concittadini rinchiusi nelle loro case. Il metodo scientifico è… un metodo. Un approccio. Una disciplina rigorosa. E noiosa. Complicata. Difficile.

Però è ciò che ci ha permesso di arrivare a stati di benessere mai visti prima. Non siamo per fortuna nelle condizioni del 1348 di Boccaccio o del 1630 di Manzoni. Ci ha permesso di far vivere, in molte parti del mondo, gli uomini per molti più anni che in passato. Ci ha permesso di uscire dalla lotta per la sopravvivenza. Ci ha anche dato bombe atomiche e armi batteriologiche. Per questo non basta. È una condizione necessaria, ma non sufficiente, per il progresso dell’uomo.

Dobbiamo comprenderne il valore e il significato. Dobbiamo farlo capire a chi oggi si perde dietro post faziosi e notizie inventate. Ma anche per noi più apparentemente razionali vale lo stesso monito. I bias si adeguano alla cultura di ognuno.

Non siamo esenti da questo contagio. Saremo attratti da teorie che confermano le nostre opinioni. Ignoreremo le altre. Vedremo analisi che si adeguano al nostro modo di pensare.

Il solo vaccino è il metodo sperimentale. Studiamolo.

1 comment

By stefanoschiavo