Gli effetti cognitivi dell’uso dell’intelligenza artificiale nella scrittura

Cosa succede al cervello quando si affida il compito di scrivere a un algoritmo? Uno studio del MIT Media Lab, “Your Brain on ChatGPT” (giugno 2025), ha analizzato questa questione. L’esperimento ha coinvolto 54 studenti divisi in tre gruppi, durante quattro sessioni di scrittura. I risultati mostrano differenze significative tra chi scrive autonomamente e chi usa ChatGPT.

Le analisi EEG hanno rilevato che chi utilizza l’intelligenza artificiale presenta attività cerebrale inferiore rispetto a chi scrive senza aiuti. Non si osserva quindi un miglioramento delle capacità cognitive, ma piuttosto un loro indebolimento, nascosto dall’apparente efficienza dell’automazione.

Efficienza apparente e indebolimento cognitivo

I testi generati con l’aiuto dell’algoritmo sono più corretti e ordinati, mentre quelli scritti manualmente risultano più originali e approfonditi. Il problema non riguarda la qualità finale del testo, ma il processo cognitivo che lo produce. L’apparente perfezione formale dei testi generati nasconde un calo nelle capacità di ragionamento critico. Questo fenomeno viene definito “debito cognitivo”: delegare il pensiero riduce la capacità critica e di apprendimento, con effetti negativi nel tempo.

Dipendenza dall’AI e memoria immediata

Lo studio mostra anche che i partecipanti che iniziano usando ChatGPT e poi passano alla scrittura autonoma hanno difficoltà a ricordare le proprie frasi appena scritte. Al contrario, chi inizia scrivendo da solo e poi usa l’AI mantiene una maggiore attività cerebrale e produce testi più efficaci e facili da ricordare. Il problema non è dunque nell’uso stesso dell’AI, ma nella sequenza in cui viene usata.

Proprietà e autorialità

I partecipanti percepiscono maggiore proprietà sui testi che scrivono autonomamente, mentre chi usa esclusivamente l’intelligenza artificiale sente meno il testo come proprio. Questo avviene perché scrivere tramite AI non permette al soggetto di affrontare realmente le difficoltà della creazione del testo.

Gli autori dello studio precisano che la ricerca non è ancora stata sottoposta a peer review e ha alcune limitazioni, tra cui il campione ridotto e il fatto che l’unica tecnologia testata è ChatGPT. Tuttavia, l’esperimento pone una domanda rilevante: come cambia il pensiero quando ci si abitua a delegare il lavoro cognitivo?

Proposte per un uso consapevole della tecnologia

La soluzione non consiste nel rifiutare la tecnologia né nell’usarla in maniera acritica, ma nell’adottare strategie che mantengano vive le capacità cognitive individuali. Un approccio misto, alternando momenti di autonomia e assistenza tecnologica, potrebbe aiutare a preservare le capacità di ragionamento critico.

Il valore della lentezza, della difficoltà e dell’errore diventa quindi centrale per mantenere attive le capacità cognitive. L’esperimento del MIT mostra la necessità di tutelare questi elementi per garantire un pensiero consapevole e critico. La posta in gioco non è solo educativa, ma riguarda la qualità complessiva del pensiero individuale.

Il debito cognitivo potrebbe essere soltanto il sintomo più evidente di un problema più ampio: la perdita della capacità di affrontare incertezze, tollerare incompiutezza e utilizzare gli errori come opportunità di apprendimento. Contro la pressione per risultati immediati, è importante recuperare il valore della complessità e dello sforzo intellettuale.

By claradavid