Quando il successo dell’AI dipende dalla metrica

Nel giro di pochi mesi sono arrivate due fotografie opposte dei progetti di intelligenza artificiale, il Mit parla di un fallimento nel 95% dei casi. Una ricerca di Wharton sostiene che il 75% dei progetti ai va a buon fine.

A prima vista il quadro sembra contraddittorio, le due ricerche però rispondono a domande diverse e prima di guardare le percentuali conviene capire che cosa viene chiamato successo e da quale prospettiva si osservano i progetti.

Due ricerche, due definizioni di successo

Il Mit, nelle parole di Nate B Jones, adotta una soglia molto netta. Un progetto ai viene considerato riuscito solo se produce un impatto diretto e misurabile sul profitto entro sei mesi. Il parametro riguarda la cassa in un orizzonte temporale breve e pretende un legame evidente tra soluzione introdotta e risultato economico.

Wharton sceglie un metro diverso. Il successo coincide con il fatto che i leader aziendali percepiscono valore e miglioramento nei processi. La valutazione si sposta sui responsabili che guidano l’organizzazione e sulla loro lettura dei cambiamenti nella vita quotidiana dei team.

Le due ricerche non raccontano universi incompatibili. Descrivono due modi di guardare alla stessa trasformazione. Da una parte c’è il ritorno economico immediato. Dall’altra c’è il giudizio di chi coordina persone e attività e inizia a integrare l’ai nei flussi di lavoro.

Profitto a sei mesi e percezione dei leader

La metrica del Mit traduce una richiesta precisa, un progetto di ai deve dimostrare in tempi rapidi di aumentare i ricavi oppure ridurre i costi in modo chiaro e la soglia dei sei mesi costringe le iniziative a confrontarsi quasi subito con il conto economico. Wharton guarda a un passaggio diverso, i responsabili valutano se i processi scorrono meglio, se le decisioni trovano basi più solide e se le persone sentono l’intelligenza artificiale come alleato invece che come elemento estraneo, l’attenzione si sposta dalla variazione di margine alla qualità del lavoro che si svolge ogni giorno.

Questa distinzione aiuta a leggere il contrasto tra 95% e 75% perché nel primo caso la domanda riguarda il profitto a breve e nel secondo il miglioramento riconosciuto dai leader.

Dal test all’infrastruttura di business

Molte organizzazioni si muovono lungo un passaggio delicato, in cui l’intelligenza artificiale smette di essere solo terreno di sperimentazione e inizia a diventare infrastruttura di business. Finché i sistemi di AI restano confinati ai test prevale la curiosità verso lo strumento, i team provano casi d’uso e prototipi e la discussione rimane vicina all’aspetto tecnico e all’effetto novità. Quando queste tecnologie entrano nei processi l’attenzione si sposta, i progetti devono giustificare investimenti e uso del budget e reggere il confronto con iniziative più tradizionali, i responsabili si chiedono quali attività cambiano davvero e quale livello di autonomia affidare ai modelli.

Le due ricerche fotografano queste fasi, la lente del profitto evidenzia quanto l’AI incide sui numeri nel breve e la percezione organizzativa mostra quanto questi sistemi si radicano nel modo di lavorare, in questo modo il passaggio dal laboratorio all’operatività appare legato a una doppia attenzione economica e organizzativa.

Come usare quei numeri in azienda

Il confronto tra 95% e 75% crea smarrimento se rimane isolato e diventa utile solo quando viene riportato alle domande che ogni azienda deve porsi sui propri progetti di intelligenza artificiale. Nel momento in cui si definiscono le metriche conviene chiarire a quale tipo di successo ci si riferisce, se si vuole misurare l’effetto sul profitto entro pochi mesi oppure capire se i leader percepiscono un miglioramento concreto nei processi. La scelta della metrica orienta aspettative e tempi, una lettura centrata sul profitto tende a restringere il numero di casi accettabili e privilegia iniziative con impatto immediato, una lettura centrata sulla percezione organizzativa privilegia il consolidamento di nuovi modi di lavorare e accetta che il bilancio reagisca con un leggero ritardo. Le due direzioni possono convivere, una valutazione solo economica rischia di scartare progetti che preparano terreno per usi futuri e una valutazione solo percettiva rischia di accumulare iniziative senza effetto sui risultati, la combinazione tra ritorno a breve e lettura dei processi offre una base più solida alle decisioni.

Una doppia metrica per l’ai

Il punto interessante delle ricerche di Mit e Wharton non sta nelle percentuali prese singolarmente, ma nel messaggio implicito, le aziende hanno bisogno di un modo di misurare l’intelligenza artificiale che tenga insieme profitto misurabile e valore percepito nei processi. Una strada concreta prevede una metrica economica che chiede conto dell’impatto della soluzione sui numeri e una metrica organizzativa che intercetta il giudizio dei leader sul cambiamento del lavoro quotidiano. Quando questo doppio sguardo diventa abituale il contrasto tra 95% e 75% perde forza e le ricerche smettono di apparire in contraddizione, diventano due segnali lungo lo stesso percorso, dal primo esperimento fino all’ai riconosciuta come parte stabile dell’infrastruttura di business.

By Lukas Ferrazzi