Giovani e AI, dall’esecuzione al giudizio

In Innovazione / Settembre 16, 2025 / 5 Min read

L’intelligenza artificiale sta cambiando il modo in cui si entra e si cresce in azienda. I numeri lo raccontano con chiarezza: dal 2022 i profili junior hanno perso il 13% dell’occupazione, mentre i colleghi senior, nelle stesse funzioni, hanno registrato un incremento fino al 9%.

Dietro questi dati si intravede un cambiamento strutturale: le attività esecutive, un tempo affidate alle nuove leve, sono sempre più presidiate dall’AI. Lo spazio dedicato all’apprendimento sul campo si assottiglia, la “gavetta” tradizionale perde terreno.

L’AI che si prende l’esecuzione

Per capire la portata del fenomeno basta guardare ad alcuni esempi concreti. L’AI scrive ormai il 30% del codice in Microsoft, produce miliardi di righe al giorno su piattaforme come Cursor e genera presentazioni per le più grandi società di consulenza.

La catena del valore è stata scossa proprio nel suo punto più delicato: l’equilibrio tra chi esegue e chi valuta. Prima i junior costruivano la base e i senior applicavano esperienza e giudizio. Ora l’AI prende in carico gran parte dell’esecuzione, lasciando alle persone la parte critica di analisi e decisione.

Un’accelerazione che riscrive l’inizio del percorso

Se i compiti esecutivi vengono assorbiti dalle macchine, ai nuovi ingressi rimane un terreno più impegnativo, fatto di intuizione, creatività e decisioni in contesti incerti. È un salto netto. Può sembrare brutale, ma apre scenari inediti. I giovani non devono più passare anni in attività ripetitive prima di avvicinarsi a ruoli di responsabilità. Il percorso si accorcia, a patto che le aziende sappiano costruire un contesto favorevole.

In questa prospettiva l’AI non è soltanto un sostituto, ma può diventare un tutor aggiuntivo. Affiancata ai senior, accelera i tempi di apprendimento e consente di sperimentare con maggiore sicurezza.

Il compito delle aziende

Questa trasformazione non riguarda solo i lavoratori ma anche le organizzazioni, che devono ripensare il modo in cui i giovani entrano e crescono al loro interno. Se l’automazione cambia la natura del lavoro, cambia inevitabilmente anche il percorso di accesso. Il rischio, come avverte Azeem Azhar, è che rallentare l’ingresso di nuovi talenti finisca per indebolire il futuro stesso della forza lavoro. Per i team HR non basta quindi difendere i ruoli junior, occorre ripensarli in profondità.

Le aziende possono agire in diversi modi: creare esperienze di tutoraggio condiviso in cui la macchina accelera i compiti ripetitivi e il senior guida le scelte più delicate; aprire progetti trasversali che offrano ai giovani l’occasione di sviluppare creatività e giudizio critico; alzare la soglia delle responsabilità per evitare che i nuovi ingressi restino confinati al ruolo di semplici utilizzatori di strumenti intelligenti. In questo modo il passaggio generazionale non si interrompe, ma trova nuove strade per rafforzarsi.

Un nuovo patto generazionale

La sfida non è proteggere i ruoli del passato, ma costruire percorsi che rispondano al presente. Per chi entra oggi nel lavoro significa confrontarsi fin da subito con progetti ad alto impatto. Per le aziende significa saper riconoscere e valorizzare prima energie fresche e nuove prospettive.

L’AI mette in evidenza ciò che distingue le nuove generazioni: capacità di adattamento, creatività e intuizione. Se le macchine si occupano dell’esecuzione, alle persone resta ciò che richiede visione e coraggio.

In questo scenario serve un patto nuovo, centrato sulle relazioni tra generazioni. L’intelligenza artificiale ridefinisce le basi operative e i giovani rispondono con senso critico e rapidità di apprendimento. Le aziende che sapranno intrecciare queste forze non si limiteranno a preservare il lavoro, ma lo renderanno più veloce, aperto ed evolutivo.

By Lukas Ferrazzi