
L’accesso ai contenuti online sta cambiando: a leggere una pagina non è più soltanto un lettore umano, ma una rete crescente di sistemi automatici. In questo contesto, torna urgente una domanda semplice: cosa vale oggi un contenuto pubblicato online?
Il paradosso dei clic in calo
Secondo SparkToro, su 1.000 ricerche Google, solo 360 generano un click verso siti esterni. Nel resto dei casi, gli utenti trovano risposte direttamente nella pagina di ricerca, spesso grazie a sistemi di sintesi automatica. Questo fenomeno, noto come “zero-click”, è in costante crescita. E per chi crea contenuti significa meno traffico, meno pubblicità, meno entrate.
Intanto, sistemi AI leggono centinaia o migliaia di pagine per generare una risposta, senza restituire traffico né riconoscimento. Una consultazione “silenziosa” che consuma valore, ma non lo redistribuisce.
Pagare per farsi leggere (dalle macchine)
Cloudflare ha proposto un nuovo modello: Pay-Per-Crawl. L’idea è semplice: chiedere un centesimo per ogni visita automatica da parte di bot AI. Sembra poco, ma è venti volte il valore medio di un click umano. Se un modello legge mille pagine per rispondere, il costo aumenta in modo esponenziale. Alcuni grandi editori hanno già aderito al progetto.
Resta da capire se le aziende AI accetteranno davvero di pagare, o se continueranno a negoziare solo con i grandi player. Il rischio è una rete informativa sempre più selettiva, dove le voci minori restano fuori.

Ecosistemi chiusi e contenuti invisibili
Molte piattaforme stanno riducendo l’apertura delle API e costruendo ambienti chiusi. Il rischio è che i contenuti diventino invisibili, oppure utili ma non valorizzati. In questo scenario, il contenuto non è più un’interfaccia per gli occhi umani: è una materia prima computazionale, letta da sistemi automatici e mai vista da nessuno.
Il valore oltre il click
Ma proprio da qui può partire un cambio di paradigma. Se il click non è più l’unica unità di misura, allora possiamo iniziare a valorizzare:
- l’accesso selettivo e qualificato,
- le licenze per usi specifici, anche algoritmici,
- la relazione diretta con lettori e community,
- l’autorialità come asset distintivo.
Il traffico non basta. Ma la qualità sì.

Pensare per costruire, anche quando legge una macchina
Se le AI leggono per rispondere, noi possiamo scrivere per pensare, creare, guidare. Se l’intelligenza algoritmica comprime e sintetizza, il lavoro umano può ancora offrire senso, profondità, contesto.
E se oggi il contenuto diventa un dato tra i tanti, domani può tornare a essere un patrimonio tracciabile, riconosciuto, contrattualizzato.
Questo richiede nuove metriche, nuove strategie, e soprattutto un nuovo patto di fiducia tra chi crea valore e chi lo utilizza – umano o macchina che sia.
La pagina web non è morta. Sta cambiando forma, destinazione e significato. Ma può ancora essere uno spazio di senso e di relazione, anche in un web sempre più automatizzato.
Il futuro non sarà fatto solo di clic. Ma di contenuti scritti con cura, strutturati con intelligenza, e valorizzati con visione.
E forse, proprio ora che le macchine iniziano a leggere sul serio, torna importante sapere perché scriviamo.