Ma il digitale offre agli artigiani solo app e stampanti? Quindici esperti digitali a Milano per unire atomi e bit.

Lo premetto. Il tema non è semplice. Avevamo parlato nell’ultimo post del rapporto tra artigiano e designer, ma se c’è una situazione forse ancora più ambigua e delicata nei confronti dei nostri imprenditori manifatturieri è certamente quella del mondo digitale.

Usciamo da dieci anni incredibili. Una rivoluzione tecnologica, ma, lo sappiamo bene, ancor più culturale. Possibilità di scambi e conversazioni continue che hanno aperto la strada ad un ritmo di propagazione dell’innovazione e delle idee mai visto in precedenza. Con tutta una serie di correlati d’impatto: il know-who che diventa quasi più importante del know-how, la serendipity che si trasforma in una prassi manageriale, la trasparenza delle informazioni, la condivisione dei punti di vista, l’apertura verso gli altri, tutti punti che formano un paradigma nuovo della gestione aziendale.

I clienti che progettano con i produttori in continuo rapporto con fornitori e partner, la comunicazione che mostra i segreti anfratti delle retrovie aziendali, l’open innovation e il social business insomma. E in tutto questo la tecnologia, le app, il mobile, Steve Jobs e altri eroi che spopolano sui quotidiani e al cinema. Alcuni sviluppi toccano l’ambito della produzione, tra Arduino e le stampanti 3D, inizio di una rivoluzione auspicata nel design one-to-one e nell’autoproduzione non più solo di stevia sul balcone… Eppure tutto ciò sembra non aver toccato l’animo disilluso del nostro “artigiano di bottega”.

Sembra anzi che le due culture siano in parte impermeabili. Piccole aziende sommerse di fax e burocrazia circondate da giovani entusiasti in riva al Sile o in un coworking di Lambrate. E allora abbiamo provato a capire se la sintesi sia possibile, se i nostri maestri digitali possono realmente integrarsi e forse confondersi con gli artigiani in crisi. Ma non volevamo soluzioni “markettare”, il nuovo sito e il blog, un contest o un po’ di guerrilla…

Abbiamo proposto a quindici esperti più o meno tutti provenienti dall’universo digitale di mettersi a ragionare su aspetti importanti del mondo artigiano. Per predisporli al meglio li abbiamo fatti giocare in una Fab Session ospitata dagli amici di Make a Cube. Hanno fatto i loro giusti errori di tattica nel gioco oramai iconico degli snowflakes e si sono quindi immedesimati nelle condizioni di un artigiano di fronte al mercato.

Poi è stata la volta delle idee, sviluppate in forma di esperimento, in tipico stile Lean Startup. Partendo dalle intuizioni di Stefano con cui avevamo chiacchierato il giorno prima. Ne sono uscite intuizioni interessanti che toccano gli aspetto della formazione e del trasferimenti delle competenze, dell’immagine dell’artigiano come possibile sbocco lavorativo “cool”, delle possibilità di accesso al mercato e dell’evoluzione del ruolo degli intermediari commerciali e così via tra modello economico, impostazione produttiva, comunicazione e psicologia. Tutte idee che per una volta non hanno toccato l’aspetto tecnico o di comunicazione del digitale. Hanno scavato nel profondo del disagio artigiano suggerendo vie pratiche, ma culturalmente elaborate, per superarlo.

Ciò che è emerso è stato un approccio diverso alla questione. Consapevole delle criticità, ma coraggioso al punto giusto. Un’attitudine che non riscontriamo tra i nostri produttori chiusi in qualche capannone della Bassa o in una bottega in periferia. Torniamo da loro con alcune proposte, alcuni possibili partner e la voglia di ripetere l’esperienza mischiando questa volta partecipanti digitali e analogici per vedere cosa ne esce.

I risultati nel dettaglio ve li raccontiamo in quest’altro post.

Qui sotto vi lasciamo la traccia su cui i gruppi hanno lavorato e che consideriamo come uno dei possibili punti di partenza.

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By stefanoschiavo