L’innovazione e la retorica della crisi

Sono giorni di discorsi mesti e sfiduciati sul futuro del nostro Paese. Chi per protesta, chi per delusione, chi per nostalgia, in tanti sembrano votati a previsioni negative. Il racconto attorno alla nostra economia pare dettato da un impulso all’autocommiserazione e al pessimismo.

Quasi sempre c’è il ricorso a un alibi esterno di quelli che racconta Velasco. Un avversario politico, una moneta che ci stritola, una tassazione insopportabile, una burocrazia estenuante, i vecchi che stigmatizzano i giovani, i giovani che se la prendono con lo spazio non concesso, e poi il populismo devastante e la palude dei vecchi apparati, la giustizia impantanata, gli evasori, i corrotti, il maschilismo e la criminalità.

Noi ci crediamo poco a questa narrazione. Non perché non presenti tratti di verità, ma perché la riteniamo troppo comoda. Per quanto fondata su situazioni oggettivamente difficili, non ci pare sufficiente a giustificare l’arrendevolezza di tanti pronti a espatriare alla prima delusione. Come direbbe Roberto, visto la settimana scorsa a Talent Garden Milano, citando il buon Renzo Piano, “partire per poi tornare” portando con sé tutte le novità del mondo. Che dobbiamo conoscere a fondo. Per fare qualcosa di importante qui.

Con ingiustificabile ritardo citiamo quindi il bel post che Laura ha scritto sull’esperienza di The Fab, sulla Fab Session, su Lino’s Type e i crafters di Futuro Artigiano. Le sue belle parole colgono al meglio il nostro spirito e l’atmosfera che si respira qui a Verona. Non siamo sicuri che la strada sia già segnata, che ci sia davvero un tesoro alla fine di questo percorso, ma non perdiamoci adesso a recriminare prima ancora di averci provato. Attorno a noi vediamo un entusiasmo coinvolgente e il Paese in cui stiamo è il posto migliore in cui provarci, fuori dalla retorica e dalle autoassoluzioni preventive…

By stefanoschiavo