Liberarsi degli MBO. Perché premiare sugli obiettivi intralcia l’innovazione.

Avevo chiesto: “Qual è la cosa che più vi vincola quando dovete portare un cambiamento in azienda?”. Tante le risposte, ma poi una voce ha prevalso: “Gli MBO… Gli obiettivi cui sono legati i premi di risultato dei miei collaboratori”. Tutti sono rimasti in silenzio. Chi aveva parlato era l’Amministratore Delegato dell’azienda. “Abbiamo inchiodato tutti su una serie di obiettivi che hanno congelato ogni capacità di cambiare idea, di rileggere il contesto, di essere reattivi. Per un anno siamo rimasti tutti a fare esattamente quello che avevamo deciso di fare. E quest’anno non era il modo migliore per lavorare”.

Ci sono momenti in cui gli strumenti più utili diventano dannosi. Gli MBO sono tra questi. E il contesto del loro fallimento è quando serve uno sforzo organizzativo rivolto all’innovazione. In generale sono molte le prassi e i tool che diventano un vincolo e un freno quando si voglia cambiare. Ne ho parlato ampiamente ne La trappola del business plan. Ma vale la pena fare un discorso specifico sul sistema premiante legato agli obiettivi.

MBO e innovazione

Sistema ben diffuso e utile, s’intende. Inizialmente serviva a superare una logica un po’ burocratica che valutava le persone in base alle competenze possedute e non in base ai risultati conseguiti. Bilanciare i due metodi era molto utile per avere persone competenti che producessero risultati significativi. Ci sono infatti periodi in cui è centrale il red management rivolto all’ottimizzazione dei processi e alla massimizzazione dei risultati con i clienti attuali. È quando l’Exploit del business esistente prevale.

Ci sono però frangenti in cui è il blue management che sta al centro dell’interesse strategico. È quello rivolto all’Explore e allo sviluppo di nuovi segmenti di mercato e opportunità. L’innovazione, possibilmente dal carattere dirompente, diventa la priorità strategica.

Il più delle volte sono due gestioni dell’azienda che convivono. Ma è indubbio che richiedono culture, framework e sistemi operativi profondamente diversi. Per quanto riguarda gli strumenti del red e del blue management, ci troviamo con tool differenziati e spesso in conflitto reciproco.

Red vs Blue tools

Ecco uno schema che riassume solo alcune delle alternative agli strumenti tradizionali.

  • Business plan -> Business model canvas
  • Diagrammi di Gantt -> Product Backlog e Kanban board
  • Programmazione a milestone -> Sequenza di Sprint (Scrum)
  • Product development -> Customer development
  • Execution (Work Breakdown Structure) -> Experimentation (Risk Dashboard e MVP)
  • SWOT analysis -> Value Proposition Canvas
  • Survey e Focus Group -> Interviste sul valore

Ripeto che ognuno degli strumenti a sinistra ha un suo ruolo molto importante nel costruire un business in ambiente conosciuto e stabile. E va usato in modo preciso e puntuale. Ma il contesto domina e il contesto di incertezza richiede metodologie diverse.

Pensiamo alle survey e alle interviste ai clienti. Quanto di meglio può dare il marketing per avere organizzazioni collegate con il mercato. Quanto di peggio per l’innovation manager che voglia individuare nuovi bisogni e segmenti emergenti.

E gli MBO?

Gli MBO non sono da meno. Nel loro fissare obiettivi annui sono molto utili a focalizzare l’attenzione e l’impegno dei collaboratori sulle priorità strategiche. A spingerli verso risultati tangibili e misurabili. A ingaggiarli e motivarli anche grazie a riconoscimenti economici non solo correlati a star seduti davanti a uno schermo. Ma questo richiede che la strategia sia chiara, fissa e quasi immutabile per un bel po’ di tempo. Anche perché raramente si riparte ogni anno da zero. Come per il budget la prassi, anche se spesso criticata, è quella di modificare i dati dell’anno precedente.

Peter Drucker ha proposto e introdotto gli MBO nel lontano 1954. Drucker stesso racconta di come sia necessario, in contesti di cambiamento ed esplorazione, “fare le cose giuste anziché farle bene”. E bisogna dirlo, gli MBO a volte non sono la cosa giusta da fare. Gli MBO, in condizioni di incertezza e complessità, diventano un freno. Congelano e deresponsabilizzano i manager e i collaboratori rispetto alla necessità di flessibilità.

Il paradosso dei pompieri

In un libro che cito spesso, ossia Range, si racconta che la causa degli incidenti più gravi tra i pompieri è la resistenza a liberarsi degli strumenti utili a spegnere l’incendio quando le fiamme stanno prendendo il sopravvento. In quel momento quelli che erano gli strumenti più utili nella fase precedente diventano le costrizioni più pericolose nella fuga. Ma molti pompieri non riescono a liberarsi di ciò che abitualmente considerano un aiuto. Questa trappola percettiva è molto rischiosa anche per i manager che non siano capaci di riadattare gli strumenti alle nuove condizioni.

Due fattori critici per gli MBO

  1. Un primo fattore chiave per comprendere i limiti degli MBO sta nella frequenza di aggiornamento. Abbiamo detto che l’innovazione è un mix di esplorazione, scoperta, dubbio e conquista progressiva di una maggior consapevolezza sui nuovi mercati e sulle loro potenzialità. Ciò significa che a ogni esperimento, a ogni validazione, le idee e le priorità potrebbero cambiare. Anzi sarebbe auspicabile adattarsi ai pugni presi dal mercato che racconta verità diverse da quelle che ci aspettavamo. In questo servono indicatori meno rigidi. Misure che cambino senza con questo destabilizzare i collaboratori. Un equilibrio non semplice, ma che certo non è risolto da un KPI fissato e congelato a inizio anno.
  2. Un secondo aspetto che limita gli MBO è la capacità di diventare strumento di feedback e collaborazione tra il manager e le risorse aziendali. Le misure delle performance, in un quadro di relazione prolungata con un collaboratore, dovrebbero fungere da abilitatori di confronto e adattamento progressivo. Un modo per discutere quanto ci si era prefissati. Di capire cosa sia andato bene e cosa no. Di verificare l’adeguatezza dell’indicatore usato rispetto alle evoluzioni degli obiettivi aziendali. E qui sta il punto principale. In un contesto di esplorazione e innovazione, gli obiettivi si modificano con maggior rapidità di quanto si possa credere. E in questo quadro gli MBO dimostrano tutta la propria forza nel rallentare il cambiamento.

MBO vs OKR

Un’alternativa che sembra dare risposte più adeguate è quella degli OKR. Objectives and Key Results. Senza addentrarci nei (pur semplici) dettagli tecnici, si può dire che questo strumento vuole risolvere proprio tutti i limiti che abbiamo visto negli MBO. Ne abbiamo già parlato in un altro post.

Prima di tutto si basano su una frequenza di aggiornamento più alta. Con un legame stretto dei risultati da conseguire per ognuno con gli obiettivi del business. Una coerenza che diventa uno storytelling condiviso. Che dà il senso del Perché quello sia un risultato rilevante da conseguire. Che non focalizza sullo specifico risultato, ma che lo riconduce sempre a un senso più alto e strategico dell’attività per l’intera azienda.

In questo senso gli OKR non costituiscono tanto un’alternativa nella costruzione di indicatori utili a ingaggiare le persone. Piuttosto sono un framework abilitante un confronto aperto e trasparente. Fatto di rituali codificati, ma aperti a esplorare la conoscenza emergente. Senza giudizi definitivi, senza la scommessa su cui giocarsi tutto, ma con una forte cultura volta a un percorso condiviso di cambiamento e adattamento. Più Fast che Smart.

Di OKR torneremo a parlare, anche a fronte dei numerosi progetti che stanno nascendo nelle aziende che incontriamo nella nostra attività. Stay tuned.

By stefanoschiavo