Un cardigan a Venezia e la costruzione del gusto moderno

Un lord inglese non avrebbe mai indossato un cardigan fuori dalla sua dimora. Perché un ragazzo che lo indossa bevendo uno spritz in un bàcaro di Venezia non ci sorprende?

Quel ragazzo ha un codice di comportamento che attraversa la musica che ascolta, le cose che mangia e beve, i vestiti che indossa, i prodotti che acquista, i libri che legge, i film che guarda e tante altre dimensioni della sua complessa personalità.

Da un po’ parliamo di Futuro Artigiano, dello sviluppo di un nuovo modello di economia che recupera il saper fare manuale, la produzione manifatturiera e la proietta su una dimensione nuova che mette insieme modelli di business innovativi, nuove tecnologie e fulgenti mezzi di comunicazione, internazionalizzazione e modelli organizzativi agili.

Abbiamo costruito i percorsi didattici di The Fab Sessions, li abbiamo sperimentati nello spazio di The Fab, in mezzo alle vecchie macchine tipografiche di Lino’s Type. Ma c’è qualcosa che ancora manca. Per andare oltre il contadino che muove il calice con lo sfondo di zolle manzoniane, per poter veramente confrontarsi con quanto accade nel mondo bisogna interrogarsi sulla costruzione di un gusto moderno.

Ne parlavamo a dicembre con Stefano, che ci dava le sue impressioni sul tema. Ci parlava del cardigan, dell’evoluzione del vestito maschile, ci dava fondamentali spunti su come sviluppare una didattica nuova. Poneva poi una questione di verità. Parola pesante e quanto meno impegnativa. Dopo tante verità ambiziose che miravano a colonizzare il gusto degli altri, dobbiamo porci di fronte allo sviluppo di sensibilità personali in grado di comprendere e vivere lo spirito del tempo. Se sul serio si vuole tentare di portare le nostre imprese a confrontarsi con un mercato internazionale bisogna viverne le dinamiche, quelle più profonde e nuove.

Attraverso un processo che parte da una rottura, da un momento di consapevolezza che mostra i limiti degli atteggiamenti in cui siamo immersi quotidianamente. Nelle Fab Sessions che abbiamo finora sviluppato abbiamo visto spesso manager e imprenditori di fronte a un attimo di crisi, di comprensione profonda e spesso difficile di qualcosa che non andava nei meccanismi ridondanti e stanchi delle proprie prospettive. Da questa distruzione può nascere un atteggiamento di ascolto a proposte alternative come quelle che racconta Andrea durante le sessioni formative. E’ una dialettica necessaria. Costruire sulle macerie delle proprie certezze. E’ per questo che The Fab Sessions amano giocare, perché nella simulazione è più facile abbattere quelle barriere che rendono così difficile il cambiamento.

La verità che cerchiamo è quindi la costruzione di un gusto e di un atteggiamento estetico personale in grado di comprendere cosa è moderno, o almeno di provarci. Il faut être absolument moderne, diceva Rimbaud. Forse quello che abbiamo perso negli ultimi anni è stata la capacità di cogliere i caratteri di questa modernità. Senza questo passaggio che è culturale e non di metodo, tutto ciò che esploriamo nella tecnologia, nell’economia, nella proposta di strategia di sviluppo, risulta parziale.

La prossima Fab Session, che completa quelle dedicate al modello strategico, alla leggerezza organizzativa, alla ricerca di ciò che sfugge agli analisti simbolici, sarà su un’estetica delle relazioni e dell’incompiuto, ma all’interno della costruzione di un gusto contemporaneo. Dovremo pur capire, davanti a un quadro, leggendo dieci righe di un romanzo, osservando una vetrina di un negozio, se siamo di fronte non al bello o al brutto, ma a qualcosa che coglie o meno il suo tempo e lo racconta, come sempre, a modo suo.

By stefanoschiavo