Fa bene Verganti ad attaccare Ideo? Il Lean Startup e il Design Thinking

Nel suo ultimo libro, Overcrowded, Roberto Verganti affronta ancora una volta il tema dell’innovazione. Lo fa attaccando direttamente l’approccio outside-in tipico del Design Thinking e più in generale dei modelli di innovazione user centered. Mi sono chiesto come si inserisse il tema del Lean Startup in questa sfida. Da una parte l’approccio snello all’innovazione sembra sedere nei banchi dell’accusa, da un’altra in quelli della difesa.

Overcrowded di Roberto Verganti all'attacco del Design Thinking

In questo post provo a riassumere alcuni aspetti della polemica cercando poi di aprire il discorso e legarlo a elementi di marketing e metodologie operative.

L’accusa

Verganti parte da una considerazione che tra l’altro spiega il titolo del libro. Oggi non ci sono problemi nel creare nuove soluzioni per il mercato. Anzi, di proposte in questo senso ne abbiamo anche troppe!

Tra hackathon, workshop creativi, open innovation e così via, la generazione di nuove idee è decisamente in uno stato di grande forma. Il vero problema non sta lì, bensì nel ripensare il significato di quel che facciamo. Non il come, ma il perché. Secondo l’autore tutto il Design Thinking di matrice Ideo è troppo legato all’analisi dei comportamenti dell’utente, anziché ai nuovi significati che le persone, più o meno consapevolmente, ricercano.

Uno degli esempi che l’autore porta è quello del settore delle candele, che negli ultimi anni ha puntato non tanto a illuminare l’ambiente, quanto a creare l’atmosfera giusta tra luci soffuse e profumi orientali. È un cambio di prospettiva che non mira più a massimizzare i criteri tradizionali su cui sono valutate le prestazioni delle candele (capacità di illuminazione, durata, …). Seguendo gli insegnamenti di Oceano Blu e Dilemma dell’Innovatore (cui le tesi di Verganti devono molto), il focus cambia in quanto il significato dell’utilizzo delle candele è cambiato.

Candele
Le candele hanno oggi un nuovo significato

Di esempi il libro è ricco. Dall’Alfa Romeo a Vox, dalla Philips al caso Kodak. Ciò che Verganti imputa ai designer customer-driven è un’attitudine a rimanere troppo legati alle richieste del cliente. Richieste che sono figlie dei comportamenti attuali. Volendo migliorare la situazione corrente, questi approcci orientati al cliente sono ottimi. Volendo innovare, sono limitanti. Meglio seguire Steve Wozniak di Apple che David Kelley di Ideo.

“La gente non amerà mai un prodotto che tu non ami. Se non sei tu il primo ad amarlo la gente lo sente… lo annusa…”

Come muoversi?

Bisogna partire da una propria idea di cui si è convinti. Ci si deve appassionare al problema. Una lettura passiva del processo di acquisto da parte del cliente non ci porta troppo lontano. Per intenderci, non è che non porti a risultati, ma non cambia realmente i termini della questione.

È un po’ la stessa accusa che si fa al Lean Thinking tradizionale che mette sì al centro il cliente, ma per mapparne le attuali esigenze e colmare i gap nei processi dell’azienda quando le affrontano. L’eliminazione dello spreco, il flusso nella pipeline, il miglioramento dell’efficienza non puntano all’efficacia e a un nuovo valore. È proprio da queste considerazioni che parte il Lean Startup di Eric Ries e dei suoi follower.

Oltre il Design Thinking

Verganti non si limita a evidenziare questi limiti dell’approccio user centered. Propone una strada diversa, orientata all’individuazione di un nuovo significato. Il valore e non la soluzione. Ricorda anche qui il “Love the problem” del Lean Startup.

Ma a un certo punto del libro c’è un colpo di scena. Se si vuole comprendere il nuovo significato, uscendo dal vincolo delle attuali soluzioni, serve partire da una propria personale ipotesi di soluzione!

Per chi è abituato a non produrre “soluzioni alla ricerca di un problema”, questa impostazione può risultare spiazzante. L’innovatore deve avere “skin in the game“, come direbbe Nassim Taleb, e proporre soluzioni che lo convincono. Poi deve comprendere perché queste soluzioni sono convincenti analizzando il significato che le sottende.

Lo deve fare innanzitutto da solo e poi in compagnia di uno sparring partner. Proseguendo l’analisi “critica“, deve attivare una cerchia ristretta di altre risorse in una sorta di circolo radicale. Da lì arriverà a insider e outsider (quelli amati dal Design Thinking) per giungere alla fine al confronto con il cliente.

Skin in the Game di Nassim Taleb

Lean Startup vs Overcrowded

Questa strada, fatta di metodi e strumenti descritti nel finale del libro, trova corrispondenze con molti degli approcci Lean più recenti.

La correlazione principale, che rende la critica di Verganti al Design Thinking simile a quella del Lean Startup al Lean Thinking, sta nella tensione verso la verifica di ipotesi.

La differenza invece sta nel fattore tempo. A un Lean Startup tutto orientato verso la focalizzazione, l’apprendimento e la velocità, si contrappone un approccio più lento e meditativo. Serve comprendere bene le intuizioni che l’innovatore mette all’inizio del percorso.

Penso che il suggerimento verso una gestione meno attenta ai rapidi tempi del mercato sia da non sottovalutare, ma che il Lean Startup l’abbia affrontata creando un percorso di sperimentazione iterativa che non spinge verso l’immediata commercializzazione di un’idea, ma al tempo stesso crea le condizioni per rapidi feedback dal mercato.

Proprio l’elemento iterativo e sperimentale manca nella proposta di Verganti e da qui si potrebbe partire per un ragionamento che integri le due visioni.

Inbound innovation

Concludo, come promesso, con un parallelo che ho notato tra alcune considerazioni di Overcrowded e la teoria alla base dell’Inbound Marketing.

Uno schema tipico di questo approccio al marketing è quello del funnel di conversione dei clienti. La sequenza di gestione di un lead commerciale passa attraverso diverse fasi.

Il funnel dell'Inbound Marketing
  1. Una prima fase è quella di awareness. Il cliente non è pienamente consapevole del problema che si trova di fronte. Serve un approccio culturale per farlo maturare nella sua comprensione del valore che può ottenere dalle offerte presenti sul mercato. Non è ancora un momento di proposta commerciale, tanto più in termini di listino prezzi e feature di prodotto.
  2. Segue poi una fase di consideration in cui il cliente valuta diverse soluzioni che il mercato offre per risolvere il suo problema. La valutazione delle alternative gli permette di comprendere vantaggi e svantaggi dei diversi player di mercato.
  3. La terza fase è quella di vera e propria decision, in cui il cliente si trova di fonte al momento di scelta e acquisizione della soluzione specifica più adatta alle proprie esigenze.
  4. Infine c’è una fase di delight in cui bisogna coltivare il rapporto con il cliente acquisito per farlo tornare (retention) o per fargli suggerire la soluzione ad altri (referral). In questo sono oggi esperte le agenzie che hanno visitato INBOUND a Boston.

Innovazione e funnel

Queste fasi trovano un parallelo nelle diverse tipologie di innovazione che Verganti descrive nel testo.

Se siamo nel momento di considerazione delle diverse soluzioni, è giusto puntare a un’innovazione di soluzione (nella visione dell’autore, quella del Design Thinking). Si deve sviluppare un vantaggio competitivo rispetto alle altre proposte orientate a risolvere i problemi manifestati dai clienti.

Se siamo invece nella fase di decisione serve puntare su innovazioni di processo, quelle del Lean Thinking, per creare le condizioni di accesso all’offerta e acquisto più adatte al mercato.

Le innovazioni di marketing e comunicazione più originali toccano invece il tema del delight.

Quanto proposto da Verganti sta invece dentro l’innovazione di significato che si esplicita bene nella fase di awareness.

Il libro ha il merito di ridare centralità all’ideazione autonoma del singolo innovatore. Fa appello in questo ai Coldplay che dicono, in un passaggio di “Fix you”, 

“ottieni ciò che vuoi ma non ciò di cui hai bisogno”.

Ciò che il cliente vuole non sempre è infatti ciò di cui ha bisogno. E qui interviene l’innovatore.

Conclusioni

Per concludere, devo ammettere di non trovare sempre originalità nelle tesi di Verganti, ma di aver apprezzato un pensiero che relativizza l’impostazione user centered.

La cosa importante è considerare che, sia nell’ambito del Design Thinking, sia in quello di tutto l’approccio Lean Startup, questi temi sono maturati e oggi è possibile evitare i rischi sottolineati in Overcrowded attraverso una piattaforma metodologica che si ritrova nei tool del Lean Startup.

By stefanoschiavo